Alle Sezioni Unite la questione della responsabilità del sostituito per omesso versamento di ritenute da parte del sostituto.

L’ Ordinanza interlocutoria 7 dicembre 2018, n. 31742 della Sezione Tributaria della Corte di Cassazione (Pres. Cristiano, Rel. Mondini) rimette al Primo Presidente l’eventuale devoluzione alle Sezioni Unite della questione, molto dibattuta, della possibilità dell’erario di recuperare o meno in capo al sostituito le eventuali ritenute non versate dal sostituto. Questione di grande rilievo in momenti di crisi dell’economia, in cui queste evenienze sono purtroppo non sono rare.

La Corte ritiene che esistano attualmente due orientamenti contrapposti. Uno negativo per il sostituito che poggia: 1) sulla considerazione per cui se anche il sostituto è obbligato al pagamento di imposte in luogo di altri,  anche il sostituito deve ritenersi fin dall’origine obbligato solidale al pagamento dell’imposta; 2) sulla esistenza di un vincolo di solidarietà, non esplicitato normativamente, ma desumibile, alla stregua della presunzione stabilita dall’art. 1294 c.c., dall’unicità della prestazione a cui sono tenuti sostituito e sostituto (fino a concorrenza di ritenuta).

L’altro orientamento, di maggiore apertura per il contribuente, ha invece le proprie basi: 1) sulla considerazione per cui nella fase accertativa del tributo è esclusa la solidarietà tra sostituto e sostituito, questa fase dovendo necessariamente svolgersi, per il dettato di cui al citato art.64, “nei confronti del sostituto, in capo al quale matura solo successivamente il diritto di rivalsa” 2) sull’art. 22 del d.P.R. 917/86, norma dedicata allo scomputo delle ritenute d’acconto, la quale ne subordina la legittimità alla sola condizione che esse siano state «operate».

La Corte in verità prende una posizione decisa in questo riferito contrasto giurisprudenziale. Ed è una posizione che si allinea al secondo orientamento. Precisa infatti che “il legislatore ha previsto espressamente che il sostituito è coobbligato solidale con il sostituto solo nelle ipotesi di ritenuta a titolo di imposta (art.35 del d.P.R. n.602/1973) e che dalla assenza di un’analoga previsione per le ipotesi di ritenuta a titolo d’acconto potrebbe trarsi prova della volontà legislativa di escludere, in queste ultime ipotesi, la coobligazione del sostituito”. Inoltre, la Corte rileva, il sostituito non ha alcuna informazione in ordine al versamento delle ritenute subite cosicché, ove non potesse scomputare le ritenute per il solo fatto di averle subite, per essere sicuro di evitare accertamenti, sarebbe sempre costretto ad ottenere dal fisco notizia sull’avvenuto versamento. Ancora la Sezione Tributaria ritiene che l’argomento dato dalla lettera dell’art.22 del d.P.R.917/86 sia pregnante (ai sensi della disposizione la condizione legittimante lo scomputo non è il versamento della ritenuta ma la relativa effettuazione). Rileva altresì che l’art.36 ter, comma 2, lett.a) del d.P.R. 600/73, il quale stabilisce che gli uffici possono “escludere in tutto o in parte lo scomputo delle ritenute d’acconto non risultanti dalle dichiarazioni dei sostituti d’imposta, dalle comunicazioni di cui all’articolo.20, terzo comma, del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n.605, o dalle certificazioni richieste ai contribuenti, ovvero delle ritenute risultanti in misura inferiore a quella indicata nelle dichiarazioni dei contribuenti stessi”, evidenzia che il sostituito si sottrae a rilievi, ossia può legittimamente scomputare le ritenute, sol che queste risultino documentalmente effettuate (e non anche, necessariamente, versate). Infine, si afferma che  “per effetto della ritenuta, il sostituito rimane comunque inciso dal prelievo ancorché solo in acconto [e,] laddove fosse costretto a pagare nuovamente l’amministrazione finanziaria, potrebbe addirittura rischiare di restare inciso due volte come in tutti quei casi (non infrequenti) in cui, per altre ragioni (ad esempio sopravvenuta insolvenza), non riuscisse a rivalersi sul sostituto, con conseguente violazione del principio che vieta la doppia imposizione (art. 163 del Tuir)”.

Quindi una richiesta di rinvio assolutamente non neutra, ma che già ipotizza una soluzione. Ed è una soluzione di buonsenso giuridico per tutti i motivi, estremamente convincenti e convergenti, che la Sezione Tributaria ricorda. Staremo a vedere gli sviluppi.