Appello tributario: ok il deposito della ricevuta di ritorno al posto di quella di spedizione.

Ci sono volute le Sezioni Unite (sentenza n. 13452 depositata il 29 maggio 2017) per risolvere una questione processuale tributaria di natura formale ma suscettibile, in una interpretazione rigidamente letterale, di provocare delle conseguenze processuali irrimediabili.

Com’è noto l’articolo 53 del Dlgs 546/92 tratta della proposizione dell’appello attraverso il servizio postale. Si prevede, come in primo grado, il deposito della ricevuta di spedizione del ricorso introduttivo entro trenta giorni dalla spedizione dell’atto.

Ma se si deposita solo la cartolina di avvenuto ricevimento? Le regole di cui sopra, infatti, sono previste a pena di inammissibilità.

Formatisi due distinti orientamenti interpretativi alla fine la questione è approdata alle Sezioni Unite. E dopo una lunghissima trattazione alla fine il risultato è quello sostanziale, di “tenuta” della costituzione in giudizio, anche se si utilizzano forme non esattamente coincidenti con quelle previste, depositando una cartolina di avvenuto ricevimento che rechi anche la data della spedizione.

Altra questione interpretata è quella del termine di 30 giorni per la costituzione in giudizio del ricorrente (o dell’appellante), che abbia notificato a mezzo posta. Esso decorre, per le Sezioni Unite, dal giorno della ricezione del plico da parte del destinatario e non dalla spedizione.

Interessante è la parte del richiamo alla giurisprudenza comunitaria e alla salvaguardia delle tutele giurisdizionali, con specifico riferimento ai tributi armonizzati, anche in presenza di vizi formali che possano generare inammissibilità. Per la Corte infatti “dalla giurisprudenza della Corte EDU si trae il monito ad ancorare le sanzioni processuali a canoni di proporzionalità (Omar vs. Francia; Beller vs. Francia), chiarezza e prevedibilità (Faltejsek vs. Rep. Ceca) e, dunque a far prevalere le interpretazioni dirette a consentire al processo di giungere al suo sbocco naturale (Adreyev vs. Estonia; Reklous & Davourlis vs. Grecia; Efstathiou et autres vs. Grecia), senza enfatizzare un fin de non recevoir non riscontrabile nei dati convenzionali di riferimento dell’art. 6 CEDU (conf. Cass. n. 7645 del 2014). Trattasi, peraltro di disposizione che – a mente dell’art. 117, primo comma, Cost. e riguardo all’irrazionale e discriminante ostacolo all’accesso alla giurisdizione – opera nei confronti del contenzioso fiscale, quanto meno, con riferimento ai processi su sanzioni tributarie aventi copertura convenzionale secondo la Corte EDU (Ferrazzini vs. Italia) e che – a mente dell’art. 6 TUE – opera pure con riferimento alle vertenze sui tributi armonizzati”.