Contraddittorio necessario anche per gli accertamenti “a tavolino”.

Malgrado le affermazioni di principio contenute nell’ultima pronuncia delle Sezioni Unite (n. 24823/2015) in tema di contraddittorio endoprocedimentale preventivo, non mancano le sentenze di merito che si pongono in aperto contrasto con tale lettura, richiamando anche i riferimenti forniti dalla Corte Costituzionale nell’altrettanto celebre sentenza n. 132/2015.

E’ il caso della Commissione Tributaria Regionale dell’Emilia che nella Sentenza 16 giugno 2017, n. 1932 ritiene l’appello del contribuente meritevole di accoglimento sul presupposto che il mancato contraddittorio in materia di studi di settore sia causa di nullità dell’atto di accertamento. E’ una sentenza che risale a qualche mese fa, ma che torna di attualità per essere stata rilanciata il 23 ottobre dal principale quotidiano economico nazionale.

Da sottolineare che il richiamo della Commissione in relazione agli “studi” non è tanto focalizzato sulle caratteristiche “ontologiche” di tale strumento (per usare il termine delle Sezioni Unite 2015, che si rifanno al precedente del dicembre 2009 sugli accertamenti basati su “standards”- nn. 26635, 26636, 26637 e 26638) ma a considerazioni che vanno a richiamare, in contrasto con la sentenza predetta del 9/12/2015, l’esistenza di un obbligo generale di contraddittorio preventivo.

Letteralmente “Il principio del contraddittorio deve pertanto trovare applicazione non solo nei casi in cui esso non sia espressamente previsto dalla legge, ma anche nei casi in cui la legge lo escluda, dovendo, in tale ultima ipotesi, il giudice disapplicare la legge in quanto contrastante con il diritto comunitario, al quale la legge dello Stato deve conformarsi ex art.117 Costituzione, nonché con i principi enunciati negli artt. 24 e 97 della Costituzione, e ciò senza l’obbligo di richiedere l’intervento della Corte Costituzionale. Da tutto ciò ne consegue che la tutela da instaurarsi con il contraddittorio è obbligatoria anche in riferimento delle verifiche svolte a “tavolino” dai vari uffici oltre a quelle già previste per legge in caso di verifiche svolte presso la sede del contribuente; tale attività deve essere esercitata effettivamente perché, non risulta sufficiente il semplice invio di questionari e/o verbali di costatazione, in quanto, facenti parte dell’istruttoria e non del contraddittorio, perché solo con il contraddittorio l’ufficio nell’emettere il suo provvedimento può tenere conto di tutti gli elementi del caso. Tutto ciò risulta anche Costituzionalmente orientato in quanto la Corte Costituzionale con sentenza 132/2015 nel motivare la propria decisione, ha pienamente sancito che l’attivazione del contraddittorio costituisce un principio fondamentale immanente nell’ordinamento, operante anche in difetto di una espressa e specifica previsione normativa, a pena di nullità dell’atto finale del procedimento, per violazione del diritto di partecipazione dell’interessato al procedimento stesso, quindi per essere più precisi senza alcuna differenza tra tributi armonizzati e tributi non armonizzati”.

Abbiamo evidenziato volutamente in grassetto le ultime parole. Non aggiungiamo altre considerazioni al riguardo….