Fabbricati industriali o commerciali a destinazione speciale: la rendita va determinata con stima diretta ma non necessariamente con sopralluogo. Resta qualche dubbio interpretativo.

Parliamo di una pronuncia favorevole al contribuente con riguardo all’ordinanza 7 marzo 2019 n. 6633 della Sezione Tributaria della Corte di Cassazione (Pres. De Masi Rel. Balsamo), riportata da un organo di stampa oggi. Dunque non dovremmo, ragionevolmente, essere troppo critici. Eppure, nei riferimenti giurisprudenziali ai precedenti della Corte c’è qualcosa che non ci convince del tutto e, come facciamo di solito, lo evidenziamo affinché si possa determinare uno spunto di ragionamento a beneficio di tutti gli operatori.

Va premesso che,  a nostro modestissimo avviso, quando il Giudice di Legittimità si preoccupa di interpretare espressioni tecniche specifiche, occorrerebbe una buona dose di prudenza. Perché le espressioni tecniche, appunto, non  hanno solo un significato letterale, ma ne hanno uno ben strutturato su basi epistemologiche. Ovvero con riferimento alla specifica scienza nella quale l’espressione si colloca.

Ricorderemo per mero esempio il concetto di “superficie utile” che, identificato da un decreto del Ministero dei Lavori pubblici del 1969, riproponendo un concetto molto diffuso nella normativa tecnica e certamente riferito alla superficie calpestabile, è diventato negli anni recenti qualcosa di diverso per interpretazione della Corte, andando a comprendere muri perimetrali ed interni.

Nello specifico caso il contribuente aveva eccepito che la valutazione di un fabbricato speciale ai fini della rendita fosse stata fatta senza sopralluogo e senza stima diretta. La Corte condivide la censura, ma solo in parte. Infatti ricorda che “secondo quanto prescritto dall’art. 10 r.d.l. 652/39, conv. in l. 1249/39: “la rendita catastale delle unità immobiliari costituite da opifici ed in genere dai fabbricati di cui all’art. 28 della legge 8 giugno 1936, n. 1231, costruiti per le speciali esigenze di una attività industriale o commerciale e non suscettibili di una destinazione estranea alle esigenze suddette senza radicali trasformazioni, è determinata con stima diretta per ogni singola unità. Egualmente si procede per la determinazione della rendita catastale delle unità immobiliari che non sono raggruppabili in categorie e classi, per la singolarità delle loro caratteristiche”.

Inoltre “ai fini della determinazione del reddito dei fabbricati, l’art. 37 d.P.R. 917/1986 stabilisce che: “Il reddito medio ordinario delle unità immobiliari è determinato mediante l’applicazione delle tariffe d’estimo, stabilite secondo le norme della legge catastale per ciascuna categoria e classe, ovvero, per i fabbricati a destinazione speciale o particolare, mediante stima diretta”.

Per la Corte, va dunque affermato come il compendio normativo deponga – con riguardo ai fabbricati a destinazione speciale – per la necessità di ‘stima diretta’, senza tuttavia che ciò debba necessariamente presupporre l’esecuzione del ‘sopralluogo’; il quale non costituisce, in materia, un diritto del contribuente né una condizione di legittimità dell’avviso attributivo di rendita, quanto soltanto un ulteriore e concorrente strumento conoscitivo di verifica ed accertamento di cui l’amministrazione finanziaria può avvalersi per operare la valutazione. Sicché la mancanza di esso non preclude, di per sé, la valutazione mediante ‘stima diretta’, allorquando l’ufficio sia comunque già in possesso di tutti gli elementi valutativi idonei allo scopo.

Nelle pronunce della Corte, si rammenta, si è più volte stabilito che – ferma la necessità di stima diretta per l’attribuzione di rendita di fabbricati a destinazione speciale – non è detto che tale stima diretta presupponga indefettibilmente l’accesso in loco per la disamina; potendo le caratteristiche del bene essere, allo scopo, “desunte anche dalle risultanze documentali a disposizione dell’Ufficio, senza necessità di sopralluogo”(Cass. 3103/15).

Ora, c’è da chiedersi se sia possibile una “stima diretta” senza un accesso al fabbricato. E la risposta, trattando materie specialistiche, va cercata non in una lettura di buonsenso ma nelle regole dell’estimo. Per queste regole la stima con metodo diretto poggia indefettibilmente su una serie di fattori. Trascurando taluni di essi non si fa, evidentemente, una stima attendibile.

Ci sono allora da considerare delle caratteristiche rilevabili senza accesso, come la localizzazione, l’ubicazione dell’immobile rispetto al centro urbano, il livello dei collegamenti viari e dei servizi di trasporto pubblico, la presenza di attrezzature collettive (scuole, mercati, uffici pubblici etc.), il livello di qualificazione dell’ambiente esterno, la disponibilità di verde pubblico, l’amenità del sito, etc.

Ugualmente delle caratteristiche un po’ più specifiche e non del tutto avulse da una visita all’immobile come: caratteristiche di posizione, esposizione prevalente dell’unità immobiliare, luminosità, altezza dal piano stradale.

Infine le caratteristiche tipologiche, come età dell’edificio, caratteristiche architettoniche, le condizioni statiche delle strutture, caratteristiche compositive e di manutenzione degli ambienti comuni (androni d’accesso, scale etc.), le caratteristiche e condizioni degli impianti tecnologici, sia condominiali che privati: rete fognaria e pluviale, rete di adduzione idrica, rete elettrica, eventuale rete di adduzione del gas di città, impianti ascensore e montacarichi, telefoni interni etc. E in questo caso una valutazione di questi fattori a tavolino appare molto ardua.

Insomma è praticamente impossibile che una “stima con metodo diretto” (o almeno una stima attendibile) si possa fare senza sopralluogo. Almeno dal punto di vista della scienza che si occupa di stime.

Quindi il richiamo a precedenti è  sempre opportuno, ma non per questo una stima diretta senza i metodi della stima diretta lo diventa per ripetizione del concetto.