La mancata elaborazione delle osservazioni del contribuente nel contraddittorio sugli studi di settore configura un vizio di motivazione dell’atto.

La sentenza del 20 settembre 2017 n. 21570 della Sezione Tributaria della Corte di Cassazione (Pres. Bruschetta, Rel. Tedesco) accoglie una eccezione del contribuente, in relazione all’art. 360, comma primo, n. 3 c.p.c. (“insufficiente motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio”).

La censura concerne il giudizio positivo dato dalla Ctr sulla motivazione dell’avviso di accertamento in ordine alle ragioni per le quali non furono recepite le giustificazioni del contribuente.

Per la Corte, una volta ricordati i principi espressi sull’obbligatorietà del contraddittorio preventivo nel caso di accertamenti basati sugli “standards” (Cass., S.U., nn. 26635, 26636, 26637, 26638 del 2009), il principio dell’obbligatorietà del contraddittorio produce effetti anche sulla motivazione dell’avviso di accertamento.

Essa, per essere congrua, non può esaurirsi nel mero rilievo del predetto scostamento, ma deve dimostrare la concreta applicabilità dello studio di settore e deve essere integrata (anche sotto il profilo probatorio) con le ragioni per le quali sono state disattese le contestazioni del contribuente: «è da questo più complesso quadro che emerge la gravità, precisione e concordanza attribuibile alla presunzione basata sui parametri e la giustificabilità di un onere della prova contraria (senza alcuna limitazione di mezzi e di contenuto) a carico del contribuente» (Cass. n. 19767/2013; conf. Cass. n. 6929/2013; Cass. n. 12558/2010).

Il contribuente aveva eccepito che la motivazione del provvedimento non dava conto delle ragioni per cui l’Amministrazione aveva disatteso le giustificazioni fornite in sede di contradditorio (trascritte nel motivo ricorso in ossequio al principio di autosufficienza del ricorso per cassazione). Ma su questa specifica obiezione la sentenza impugnata si esaurisce nel rilievo che l’applicazione dello studio aveva fatto «emergere un notevole scostamento delle dichiarazioni relative all’ammontare dei ricavi rispetto al livello “normale” previsto dallo studio di settore in relazione alla specifica attività svolta dal dichiarante e risulta pertanto sufficientemente motivato, anche in considerazione della circostanza che il contribuente ha potuto approntare un’ampia, ancorché generica, difesa delle proprie ragioni sia nel primo grado che nel secondo grado di giudizio».

Al riguardo ricordiamo un passaggio delle Sezioni Unite del 2009: “la motivazione dell’atto di accertamento non può esaurirsi nel rilievo dello scostamento, ma deve essere integrata con la dimostrazione dell’applicabilità in concreto dello “standard” prescelto e con le ragioni per le quali sono state disattese le contestazioni sollevate dal contribuente”.

La sentenza del 20 settembre quindi ci ricorda un principio importante in materia di contraddittorio già presente nella sentenza Sopropè. Oltre alla violazione del diritto di difesa garantito dalla Carta dei Diritti, l’assenza di contraddittorio si traduce altresì in un vizio di motivazione dell’atto se non viene consentita la difesa procedimentale e/o non vengono considerate ed elaborate le osservazioni del contribuente.