Non è operazione a titolo oneroso la dotazione immobiliare del Trust.

L’atto di dotazione del trust non è da considerare a titolo oneroso e dunque non sconta imposte proporzionali sui trasferimenti. Lo conferma la Sezione tributaria della Corte di Cassazione nella Sentenza 17 gennaio 2018, n. 975 (pres. Chindemi, rel. De Masi).

E’ noto, dal punto di vista normativo, che l’art. 9 della tariffa, parte I,  del testo unico di registro prevede per gli “Atti diversi da quelli altrove indicati aventi per oggetto prestazioni a contenuto patrimoniale” una aliquota impositiva del 3%.

Per la Corte di Cassazione tale norma “rappresenta una clausola di chiusura finalizzata a disciplinare tutte le fattispecie fiscalmente rilevanti, diverse da quelle indicate nelle restanti disposizioni, purché però onerose, e in questo specifico senso aventi un contenuto patrimoniale. Questo è del tutto ovvio perché la norma non può essere intesa in modo dissociato dal contesto dell’art. 43, I ° comma, del d.P.R. n. 131 del 1986, che fissa la base imponibile dell’imposta prevedendola (v. lett. h), per le “prestazioni a contenuto patrimoniale”, nell’ammontare “dei corrispettivi in denaro pattuiti per l’intera durata del contratto”. Il che rappresenta limpida dimostrazione del fatto che, ai sensi dell’art. 9 della tariffa, la prestazione “a contenuto patrimoniale” è la prestazione onerosa.” (Cass. n. 25478/2015).

Alla luce del principio che precede, quindi, è errata l’affermazione, rinvenibile anche nella prassi dell’Agenzia delle Entrate – cfr. circolare 47/E del 2007  sulla normativa successiva all’entrata in vigore del Dl 262/06 convertito in legge 286/06-, per cui il trasferimento dei beni in trust, pur non avendo natura onerosa, deve ritenersi operazione di carattere patrimoniale, come tale comunque assoggettabile, sin da subito, ad imposta, nella misura proporzionale del 3% ex art. 9 della tariffa allegata al d.P.R. n. 131 del 1986.

Relativamente alla sentenza di appello contestata dal contribuente essa si era soffermata sulla ritenuta assenza di transitorietà del trasferimento immobiliare. Ma per la sezione tributaria questo profilo indefettibilmente caratterizza lo schema negoziale del trust, ed in ragione del quale l’atto si può considerare non immediatamente produttivo di effetti traslativi in senso proprio, dal momento che sono tali solo quelli finali, costituenti il presupposto dell’imposta di registro, prima mancando l’elemento fondamentale dell’attribuzione definitiva dei beni al soggetto beneficiario.

“Il trasferimento dei beni al trustee avviene, infatti, a titolo gratuito, non essendovi alcun corrispettivo, ed il disponente non intende arricchire il trustee, ma vuole che quest’ultimo li gestisca in favore dei beneficiari, segregandoli per la realizzazione dello scopo indicato nell’atto istitutivo del trust, per cui l’intestazione dei beni al trustee deve ritenersi, fino allo scioglimento del trust, solo momentanea”.

Viene pertanto confermata l’interpretazione precedentemente valorizzata nella 21614/2016 (che aveva affermato che la dotazione di un trust non è da intendere quale manifestazione di capacità contributiva).  La sentenza decide per la verità su un rapporto relativo alla normativa precedente alla riforma del 2006, ma fornisce una lettura sempre valida e applicabile (allora al registro oggi all’imposta di donazione).

In ultimo, per la Corte “quanto detto vale anche per le imposte ipotecaria e catastale, giacché va ricordato che l’atto soggetto a trascrizione, ma non produttivo di effetto traslativo in senso proprio (id est, definitivo), postula l’applicazione di dette imposte in misura fissa (art. 1 del D.Lgs. n. 347 del 1990 e 4 dell’allegata tariffa, quanto all’ipotecaria; art. 10, comma 2, del D.Lgs. cit., quanto alla catastale)”.