Obbligo di allegazione limitato alla integrazione documentale delle motivazioni dell’atto. Una lettura “pro-fisco” dell’articolo 7 dello “Statuto”.

Alcuni organi di stampa hanno rilanciato oggi una interessante (e per certi aspetti non del tutto convincente) pronuncia della Sezione Tributaria, sulla quale va richiamata l’attenzione degli operatori della materia tributaria. Si tratta dell’Ordinanza 5 ottobre 2018, n. 24417 (Pres. Bruschetta, Rel. Nonno).

In una vicenda che aveva visto il contribuente invocare con successo l’obbligo di allegazione di cui all’articolo 7 dello Statuto del Contribuente, ottenendo prima l’accoglimento del ricorso in commissione provinciale e poi il rigetto dell’appello dell’Agenzia delle Entrate, la Suprema Corte sovverte la sentenza della CTR esprimendo il seguente principio di diritto:

«in tema di motivazione degli avvisi di accertamento, l’obbligo dell’Amministrazione di allegare tutti gli atti citati nell’avviso (art. 7 della I. n. 212 del 2000) va inteso in necessaria correlazione con la finalità “integrativa” delle ragioni che, per l’Amministrazione emittente, sorreggono l’atto impositivo, secondo quanto dispone l’art. 3, comma 3, della I. n. 241 del 1990. Ne consegue che all’avviso di accertamento vanno allegati i soli atti aventi contenuto integrativo della motivazione dell’avviso medesimo e che non siano stati già trascritti nella loro parte essenziale, ma non anche gli altri atti cui l’Amministrazione finanziaria faccia comunque riferimento, i quali, pur non facendo parte della motivazione, sono utilizzabili ai fini della prova della pretesa impositiva».

Quindi la Corte pare distinguere tra a) atti necessari a sostenere la motivazione (che vanno allegati o almeno riportati nel loro contenuto essenziale); b) atti che hanno solo funzione di prova e che quindi possono essere prodotti anche successivamente in giudizio.

E’ sicuramente l’introduzione per via giurisprudenziale di un altro limite (o se si preferisce, di un’altra sfumatura interpretativa) in una norma chiarissima che prevede testualmente “Se nella motivazione si fa  riferimento  ad  un  altro atto, questo deve essere allegato all’atto che lo richiama”. Talmente chiara che aveva fatto dire alla Corte stessa che “l’obbligo dell’allegazione degli atti richiamati in accertamento è ineludibile e non surrogabile dalla conoscibilità in astratto” (Ordinanza  16 ottobre 2012, n. 17755).

Adesso all’interno dell’accertamento (ovvero di quella che tutti noi abbiamo sempre intesa come motivazione dell’atto) i Giudici di legittimità sembrano voler distinguere una parte di motivazione in senso proprio, da una parte distinta e che assolverebbe la funzione di fare menzione degli elementi probatori. Distinzione non prevista, a ciò che è dato sapere, da alcuna regola. Un’altra sfumatura pro-fisco, dopo quella, recentemente consolidatasi, della sufficienza della riproduzione del “contenuto essenziale” degli atti menzionati, che a nostro modesto avviso, se si consolidasse, rischierebbe di vanificare del tutto o quasi il contenuto della norma.