Per le Sezioni Unite è illegittimo trattenere le somme iscritte nei ruoli straordinari dopo la sentenza (anche se non definitiva) favorevole al contribuente

Per le Sezioni Unite è illegittimo trattenere le somme iscritte nei ruoli straordinari dopo la sentenza (anche se non definitiva) favorevole al contribuente

L’articolo 15-bis del DPR 602/73, rubricato «Iscrizioni nei ruoli straordinari» prevede l’iscrizione, in deroga all’articolo 15, nei ruoli straordinari delle imposte, degli interessi e delle sanzioni per l’intero importo risultante dall’avviso di accertamento, anche se non definitivo. Ciò in casi di fondato pericolo per la riscossione.

Secondo l’articolo 68 del D.Lgs. 546/92 se il ricorso viene accolto, il tributo corrisposto in eccedenza rispetto a quanto statuito dalla sentenza della commissione tributaria provinciale, con i relativi interessi previsti dalle leggi fiscali, deve essere rimborsato d’ufficio entro novanta giorni dalla notificazione della sentenza.

Le Sezioni Unite della Corte di Cassazione, con la sentenza 13 gennaio 2017 n. 758, hanno trattato proprio dell’istituto cautelare di garanzia del credito tributario costituito dall’iscrizione nel ruolo straordinario, effettuata in caso di fondato pericolo per la riscossione ai sensi del citato art. 15-bis del d.P.R. n. 602/1973, a fronte di una sentenza non definitiva del giudice tributario che annulli, in tutto o in parte, l’atto impositivo presupposto. Si  trattava, cioè, di stabilire se la pronuncia del giudice in senso totalmente o parzialment) favorevole al contribuente, sia pure ancora soggetta ad impugnazione, si rifletta sulla detta misura cautelare, incidendo sulla sua efficacia, oppure se questa resti insensibile alla statuizione giudiziale e i suoi effetti perdurino fino all’eventuale sopravvenire del giudicato.

I Giudici propendono per la soluzione di maggior garanzia per il contribuente, sulla base del riconoscimento della efficacia immediata delle sentenze delle commissioni tributarie concernenti atti impositivi. Considerato anche che da poco tempo l’immediata esecutività è stata espressamente prevista – ed ampliata – dall’art. 9 del d.lgs. 24 settembre 2015, n. 156, che ha introdotto varie modifiche al d.lgs. n. 546/92 in attuazione dell’art. 10 della legge di delega n. 24 del 2013.

Oltre al generale rinvio alle norme del codice di rito ordinario, e quindi anche all’art. 282, operato dall’art. 1, comma 2, del d.lgs. n. 546 del 1992, tale immediata efficacia rinviene la sua specifica base normativa, per la Corte, nel citato art. 68 del medesimo testo normativo. Sia con riferimento al comma 2 – il quale prevede l’obbligo dell’Amministrazione di rimborsare entro breve termine al contribuente quanto versato in eccedenza rispetto al decisum della sentenza di accoglimento totale o parziale del ricorso -, sia con riguardo al comma I – che disciplina la riscossione frazionata e graduale del tributo e dei relativi interessi sempre sulla base delle statuizioni della sentenza, trovando in questa, quindi, il titolo per l’esercizio del relativo potere -.

Ambedue le disposizioni, infatti, postulano evidentemente che le sentenze tributarie di merito abbiano un effetto immediato: basta osservare che, se quanto già eventualmente riscosso in più va (celermente) restituito, a fortiori non può configurarsi la riscossione di un credito la cui esistenza sia stata negata dalla pronuncia del giudice.

In aggiunta, in tema di sanzioni amministrative per violazione di norme tributarie, l’art. 18 del d.lgs. n. 472 del 1997 prevede, al comma 4, che le sentenze delle commissioni tributarie concernenti provvedimenti di irrogazione delle sanzioni sono «immediatamente esecutive» (nei limiti di cui al successivo art. 19, che richiama il menzionato art. 68).