Responsabilità personale e solidale (tributaria) di chi agisce in nome e per conto dell’associazione non riconosciuta: non scatta se non è provata l’attività negoziale effettivamente svolta.

In tema di associazioni non riconosciute l’articolo 38 del codice civile dispone che “Per le obbligazioni assunte dalle persone che rappresentano l’associazione i terzi possono far valere i loro diritti sul fondo comune. Delle obbligazioni stesse rispondono anche personalmente e solidalmente le persone che hanno agito in nome e per conto dell’associazione”.

L’ordinanza 21 gennaio 2019, n. 1489 della sesta sezione della Corte di Cassazione (Pres. Iacobellis, Rel. Ragonesi) decide su un ricorso dell’Agenzia delle Entrate proposto sulla base di un unico motivo con il quale si sostiene che , in materia di associazioni non riconosciute, rispondono per i debiti d’imposta che sorgono ex lege i soggetti che in forza del ruolo rivestito avevano diretto la complessiva gestione associativa nel periodo considerato. Con ciò l’atto impositivo su cui si basava la controversia aveva recuperato ritenute d’acconto non versate dall’associazione direttamente in capo a due consiglieri della stessa.

Per la Corte la responsabilità personale e solidale prevista dall’art. 38, comma 2, c.c. per colui che agisce in nome e per conto dell’associazione non riconosciuta non è collegata alla mera titolarità della rappresentanza dell’associazione, bensì all’attività negoziale effettivamente svolta per conto di essa e risoltasi nella creazione di rapporti obbligatori fra questa ed i terzi, con la conseguenza che chi invoca in giudizio tale responsabilità è gravato dall’onere di provare la concreta attività svolta in nome e nell’interesse dell’associazione, non essendo sufficiente la dimostrazione in ordine alla carica rivestita all’interno dell’ente. Vengono ricordati alcuni precedenti gurisprudenziali sul punto (Cass 8752/17;Cassl 8188/14 ;Cass 26290/07).

Nel caso concreto esaminato la circostanza che i ricorrenti fossero componenti del Consiglio direttivo dell’associazione poteva indurre a ritenere che gli stessi abbiano concorso a decisioni volte alla creazione di rapporti obbligatori per l’associazione. Tuttavia alla luce della citata giurisprudenza i Giudici di Legittimità ritengono necessario che di tale circostanza venga fornita prova da parte dell’Amministrazione. E tale prova nello specifico giudizio non risulta.

Il ricorso dell’Agenzia delle Entrate viene pertanto respinto.