Atto di Trust autodichiarato con conferimento di beni anche immobili: imposta di registro in misura fissa secondo la Cassazione in quanto non configura alcun arricchimento patrimoniale da parte di nessuno

La Sezione Tributaria della Corte di Cassazione con l’Ordinanza n. 11099 del 27 aprile 2021 (Pres. Chindemi, Rel. Mondini) torna ad occuparsi della tassazione in ambito di imposte di registro, ipotecarie e catastali dell’atto di Trust (in questo caso autodichiarato) con con conferimento di beni anche immobili.

La Corte ripercorre in modo dettagliato e chiaro il percorso giurisprudenziale fino all’approdo al più recente orientamento, da ritenere consolidato.

Con le decisioni che segnano l’emergere di tale orientamento (le già citate sentenze nn.15453/2019, 15455/2019, 15456/2019, 16699/2019, 16700/2019, 16701/2019, 16705/2019, 22754/2019, oltre ad altre conformi), la Corte ha confermato (quanto già rilevato a partire da Cass. 21614/2016 e poi da Cass. 1131/2019 ossia) che l’atto di istituzione del trust non è, in sé, presupposto dell’imposta di cui all’art.2, comma 47, l.286/2006, la quale, a sua volta, non è un’imposta nuova ma è l’imposta sulle donazioni da applicarsi, come la disposizione chiarisce, anche alle liberalità attuate mediante l’istituzione di “vincoli di destinazione”.

A tale conferma la Corte è pervenuta sulla base di considerazioni di ordine costituzionale che riprendono ed ampliano quelle già svolte da Cass. 21664/2016 e da Cass. 1131/19 e che, per quanto riguarda, l’atto istitutivo “puro” si sostanziano in ciò che tale atto ha un contenuto solo programmatico e non comporta alcun incremento di ricchezza per chicchessia; ferma restando l’indubbia discrezionalità del legislatore nell’individuare i presupposti impositivi, questa discrezionalità deve pur sempre muoversi in un ambito di ragionevolezza e di non arbitrarietà (Corte Cost. n.4/1954 e n.83/2015), posto che la capacità contributiva, in ragione della quale il contribuente è chiamato a concorrere alle pubbliche spese, “esige l’oggettivo e ragionevole collegamento del tributo ad un effettivo indice di ricchezza” (C.Cost.ord.394/08).

E’ stato così ribadito il superamento della tesi iniziale secondo cui nella “costituzione del vincolo” è da ravvisarsi un autonomo indice di ricchezza idoneo di giustificare la tassazione (Cass., sez. VI, ord. 24 febbraio 2015, n. 3735; Cass., sez. VI, ord. 24 febbraio 2015, n. 3737; Cass., sez. VI, ord. 25 febbraio 2015, n. 3886; Cass., sez. VI, 7 marzo 2016, n. 4482).

La Corte ha altresì chiarito che per tutti i trust, siano essi autodichiarati (e quindi con effetto solo segregativo e non di trasferimento di beni) o con trasferimento di beni, l’atto di dotazione è, per l’imposta sulle donazioni, “neutro” (ferma restando l’applicazione dell’imposta sulle donazioni all’atto del trasferimento al beneficiario finale qualora quest’atto sia non solo gratuito ma liberale e con esclusione invece dell’imposta sulle donazioni in caso di atto non liberale ma in funzione solutoria; in questo caso l’attribuzione del ricavato della liquidazione del fondo non sarà tassato, la tassazione con l’imposta di registro e, trattandosi di immobili, con le imposte ipotecaria e catastale, dovendo appuntarsi invece sugli atti di liquidazione). La neutralità quanto all’imposta di donazione deriva dalle considerazioni di ordine costituzionale che si arricchiscono, in riferimento all’atto istitutivo che comporti anche un vincolo su specifici beni o diritti, delle considerazioni seguenti:

  1. l’apposizione del vincolo, in quanto tale, determina per il disponente l’utilità rappresentata dalla separazione dei beni (limitativa della regola generale di cui all’articolo 2740 codice civile) in vista del conseguimento di un determinato risultato di ordine patrimoniale;
  2. simile utilità, peraltro, non concreta, di per sé, alcun effettivo e definitivo incremento patrimoniale in capo al disponente e nemmeno al trustee risolvendosi, dal lato del conferente, in una auto-restrizione del potere di disporre mediante segregazione e, dal lato del trustee, in un’attribuzione patrimoniale meramente formale, transitoria, vincolata e strumentale (secondo appunto quanto stabilito dai su riportati artt.2 e 11 della Convenzione);
  3. è fallace l’affermazione per cui la prescelta interpretazione dell’art.2 co.47 d.l. 262/06, ne comporterebbe la sostanziale abrogazione giacché, ritenendosi necessario l’arricchimento, l’aggiunta in questione non avrebbe avuto ragion d’essere operando comunque, in sua assenza, le imposte ordinarie;
  4. il senso dell’articolo è infatti quello di evitare “che un’interpretazione restrittiva della istituita nuova legge sulle successioni e donazioni, disciplinata mediante richiamo al già abrogato D.Lgs. n. 346 cit., potesse dar luogo a nessuna imposizione anche in caso di reale trasferimento di beni e diritti ai beneficiari quando lo stesso fosse stato collocato all’interno di una fattispecie tutto sommato di “recente”‘ introduzione come quella dei “vincoli di destinazione”, e quindi per niente affatto presa in diretta considerazione dal ridetto “vecchio” D.Lgs. n. 346 cit..” (Cass.n. 21614/16).

Né, in senso contrario, rispetto alla interpretazione adottata può sostenersi che quando il legislatore ha inteso esentare da imposta di successione e donazione il trust, lo ha fatto espressamente, come nel caso del trust di disabilità ex art. 6 I. 112/2016, perché la determinazione dei presupposti dell’imposta dovrebbe giungersi in via diretta, certa e tassativa, e non con argomento a contrario.

Inoltre, va considerato che la disposizione in parola è sopravvenuta in un momento ed in un contesto interpretativo (anche di legittimità) ancora estremamente variegato ed incerto, in maniera tale che il legislatore del 2016 ben può avere ritenuto di dover comunque esentare in modo puntuale dall’imposta il trust in questione (rispondente ad obiettivi di speciale ed urgente protezione) restando però del tutto impregiudicato il dibattito sulla portata generale dell’articolo 2, co.47, d.l. 262/06.

La Corte, ancora, ha superato la tesi per cui possono esservi casi di trust che realizzano un immediato passaggio dal trustee al beneficiario finale (Cass. 31445/2018 per cui tale sarebbe il caso di trust il cui beneficiario è designato già con l’atto istitutivo del trust, così denotandosi ab origine la sussistenza nel disponente della volontà di trasferire a questi il bene in dotazione) perché un   trust di tale genere non sarebbe un trust ma una donazione semplice.

In continuità con i suddetti arresti, da ultimo, in fattispecie analoga a quella di cui trattasi, la Corte ha affermato: “In tema di imposta di donazione, registro ed ipocatastale, la costituzione del vincolo di destinazione di cui all’art. 2, comma 47, d.l. n. 262 del 2006, conv. in I. n. 286 del 2006, non costituisce autonomo presupposto impositivo, essendo necessario un effettivo trasferimento di ricchezza mediante attribuzione patrimoniale stabile e non meramente strumentale” (Cass. 23 aprile 2020, 8082).