Con ordinanza n. 11623 del 4 maggio 2021 la Sezione Quinta della Corte di Cassazione (Pres. Fuochi Tinarelli, Rel. Armoni) torna a fare chiarezza circa l’efficacia legale della comunicazione operata dal conduttore nei confronti del locatore inerente alla cessione del contratto di locazione.
Nei fatti una società a responsabilità limitata, operante nel settore delle forniture elettriche, proponeva ricorso per cassazione avverso la sentenza della CTR del Lazio con cui veniva confermata la decisione di primo grado di rigetto dell’originario ricorso avverso un avviso di accertamento fondato sulla presunta invalidità della cessione del contratto di locazione, unitamente all’affitto di azienda da essa compiuta in favore di un’altra società. In particolare il giudice di appello aveva ritenuto corretto l’accertamento compiuto dall’Ufficio, concernente la mancata contabilizzazione dei ricavi, non essendovi prova della avvenuta sublocazione con firma per ricevuta dei locatori.
La Corte ha innanzitutto evidenziato come la lettura operata dal giudice di seconde cure si fosse posta in contrasto con l’art. 36 della l. n. 392 del 1978, per come costantemente interpretato dalla giurisprudenza di legittimità. In tal senso la cessione del contratto di locazione operata dal conduttore in occasione della cessione dell’azienda esercitata all’interno dell’immobile concesso in locazione deve essere comunicata al locatore con lettera raccomandata con avviso di ricevimento (o con modalità diverse, purché idonee a consentire la conoscenza della modificazione soggettiva del rapporto).
Del resto però, come già in precedenza ricordato dalla Corte, tale comunicazione non costituisce requisito di validità della cessione nel rapporto tra conduttore cedente e terzo cessionario, ma condiziona l’efficacia della cessione stessa nei confronti del contraente ceduto, nel senso che essa non gli è opponibile sino a quando la comunicazione non avvenga; da ciò consegue che la conoscenza “aliunde” della cessione da parte del locatore non rileva, a meno che egli, avendola conosciuta, l’abbia accettata secondo la disciplina comune dettata dall’art. 1407 cod. civ. (Cass. n. 17545/2018; Cass. n. 4067/2014; Cass. n. 14454/2006).
I Giudici di Legittimità, date le suesposte affermazioni, ricorrenti e pienamente condivise dal Collegio, hanno quindi rimarcato le seguenti regole: a) la comunicazione non costituisce requisito di validità della cessione, ma solo di opponibilità della stessa al locatore; b) la forma della comunicazione indicata dalla legge (raccomandata con avviso di ricevimento) non è essenziale, potendovi essere forme equipollenti, purché la comunicazione provenga dal conduttore; c) l’assenza di comunicazione (o la sua effettuazione in forme inidonee) rende la cessione inopponibile al solo locatore e non ad altri soggetti, estranei al rapporto trilaterale (come ad esempio l’Amministrazione finanziaria nel caso di specie).
Accolto il ricorso la Corte ha pertanto ritenuta errata la conclusione cui era giunta la CTR, nel momento in cui aveva ritenuto essenziale, ai fini della prova della cessione in sé e della sua opponibilità a un terzo diverso dal locatore, la firma per ricevuta del locatore stesso.
Nel caso di specie inoltre la contribuente aveva più volte portato all’attenzione dei giudici di merito il fatto (documentato dallo stesso pvc allegato all’accertamento) che la società cessionaria, dopo la cessione, avesse effettuato i pagamenti direttamente ai locatori, i quali avevano ad essa rilasciato e indirizzato le ricevute di pagamento dei canoni. Circostanza questa decisiva sia ai fini della dimostrazione della conoscenza, da parte dei locatori, della avvenuta cessione o almeno della sua accettazione da parte loro che all’annullamento della sentenza impugnata per vizio di motivazione.