Giurisdizione tributaria per le controversie che abbiano ad oggetto atti relativi all’intestazione o alle variazioni catastali e che si pongano come presupposto per l’assoggettamento a tributi o per la determinazione degli stessi

Con l’ordinanza n. 12396 del 11 maggio 2021 la Sezione Tributaria della Corte di Cassazione (Pres. Di Iasi, Rel. Cavallari) torna ad esprimersi in merito alla sussistenza della giurisdizione tributaria ex art. 2, comma 2, d.lgs. n. 546/1992.

Nei fatti un contribuente impugnava davanti alla CTP Trapani il provvedimento con il quale l’Agenzia del Territorio aveva respinto il suo reclamo contro l’irregolare frazionamento delle particelle catastali di cui era titolare. La CTP di Trapani accoglieva il ricorso ritenendo che l’immobile non avesse natura demaniale; l’Agenzia del Territorio proponeva appello che la CTR di Palermo respingeva. L’Agenzia delle Entrate (ex Agenzia del Territorio) proponeva dunque ricorso per cassazione lamentando in particolare la violazione dell’articolo 2 del d.lgs. n. 546 del 1992 poiché, nella specie, non avrebbe dovuto sussistere la giurisdizione tributaria, bensì quella ordinaria.

La Corte ha ricordato come riguardo all’oggetto della giurisdizione delle commissioni tributarie l’articolo 2, comma 2, d.lgs. n. 546 del 1992 stabilisce che “appartengono altresì alla giurisdizione tributaria le controversie promosse dai singoli possessori concernenti l’intestazione, la delimitazione, la figura, l’estensione, il classamento dei terreni e la ripartizione dell’estimo fra i compossessori a titolo di promiscuità di una stessa particella, nonché le controversie concernenti la consistenza, il classamento delle singole unità immobiliari urbane e l’attribuzione della rendita catastale”.

Come ribadito dai Giudici di Legittimità con particolare riferimento al citato comma 2 dell’articolo 2, le Sezioni Unite della Corte di cassazione hanno osservato che tale norma non può riferirsi ad ogni controversia che possa avere ad oggetto le materie in essa indicate (in questo modo, finirebbero per ricadere nella giurisdizione tributaria molte tipiche azioni di rivendica o di regolamento di confini, che palesemente esulano dalla materia che la normativa in discorso intende disciplinare) conseguendo con ciò che tale previsione va riferita a quelle controversie che abbiano ad oggetto atti relativi all’intestazione o alle variazioni catastali e che si pongano come presupposto per l’assoggettamento a tributi o per la determinazione dell’entità degli stessi (Cass. SS.UU. n. 2950/2016). In altri termini: appartiene al giudice ordinario la giurisdizione sulle controversie tra privati, o anche tra privati e pubblica amministrazione, aventi ad oggetto la verifica dell’esistenza e dell’estensione del diritto di proprietà, nel corso delle quali le risultanze catastali ben possono essere utilizzate a fini probatori; qualora, invece, si intendano contestare, nei confronti degli organi competenti, le risultanze catastali esistenti ed ottenere la variazione degli atti relativi alle operazioni elencate nell’articolo 2, comma 2, menzionato, anche al fine di adeguarli all’esito di un’azione di rivendica o di regolamento di confini, la giurisdizione non può che spettare al giudice tributario (Cass., SS.UU. n. 19524/2018).

Nella specie, il contribuente, dopo avere presentato inutilmente reclamo amministrativo, chiedendo all’ufficio competente di correggere le risultanze della cartografia catastale revisionata a suo avviso in maniera erronea, ha dedotto e dimostrato che il suo diritto sull’immobile de quo era stato affermato con decisione ormai definitiva del giudice ordinario; correttamente dinnanzi al giudice tributario ha poi contestato le sole risultanze catastali esistenti, per ottenere la variazione degli atti relativi e al fine di adeguarli al detto giudicato civile formatosi in confronto delle autorità regionali preposte al demanio marittimo.