Presunzione di distribuzione di maggiori utili nelle società a ristretta base: superabile se il socio dimostra che non ha partecipato alla gestione

La Sezione Tributaria dea Corte di Cassazione, con l’Ordinanza 15 settembre 2021 n. 24871 (Pres. Cirillo, Rel. Venegoni) accoglie il ricorso di un contribuente relativamente ad una sentenza della CTR Lazio in tema di presunzione di imputazione di utili per trasparenza su società a ristretta base partecipativa.

La Corte ricorda il proprio orientamento costante per cui, ai fini della prova della distribuzione di utili extracontabili nella società a ristretta base partecipativa, all’ufficio sia sufficiente la prova di quest’ultimo elemento per ritenere la distribuzione degli utili, senza che ciò integri applicazione di una doppia presunzione (sez. V, n. 15824 del 2016). Proc. n. 8295/15.

La prova contraria del contribuente è tradizionalmente ritenuta quella per cui gli utili non sono stati distribuiti, per esempio perché reinvestiti (sez. V, n. 32959 del 2018; n. 27778 del 2017), prova che il contribuente può fornire anche nel suo ruolo di titolare meramente formale delle quote, ma estraneo di fatto alla gestione societaria, perché comunque il ruolo formale permette, se del caso, di accedere ai libri sociali per acquisire elementi a tal fine.

Tuttavia, si è sviluppato negli ultimi anni un ulteriore orientamento sulla prova contraria, tale per cui la stessa può anche consistere nella dimostrazione del socio formale di essere stato, in realtà, estraneo alla gestione societaria. Sez. V, n. 34282 del 2019 e n. 15895 del 2020 sono tra le più recenti espressioni di questo orientamento, ed hanno ammesso come prova liberatoria della presunzione di distribuzione degli utili extrabilancio anche “la dimostrazione della propria estraneità alla gestione e conduzione societaria” (Cass., n. 1932/2016; Cass., 17461/2017; Cass., 26873/2016; Cass., 9 luglio 2018, n. 18042; Cass., 27 settembre 2018, n. 23247)”.

Nel caso specifico secondo la Cassazione questa prova si ricaverebbe in particolare, nella prospettazione del contribuente, dal fatto che il ricorrente non è stato coinvolto, né come indagato né come imputato, nell’indagine penale sulla società.

Orbene, al di là del merito del caso specifico che, a questo punto, dovrà essere riesaminato, resta il fatto che il suddetto sviluppo della giurisprudenza sulla prova contraria, tale per cui la stessa può consistere non solo nel fatto che gli utili non sono stati distribuiti, ma anche nel fatto che il singolo socio dimostri che era estraneo alla gestione, non è stato considerato dalla CTR che ha continuato a ritenere rilevante solo il “diverso impiego” degli utili. In questo senso, la CTR ha errato sull’ambito della prova liberatoria, limitandosi ad affermare che essa può consistere nel fatto che gli utili hanno avuto diversa destinazione, e, di conseguenza, sull’applicazione del principio, il che si traduce nel vizio di errata applicazione di legge.

Il ricorso viene pertanto accolto, con rinvio della causa alla CTR del Lazio, anche per la pronuncia sulle spese giudizio di Cassazione.