Revoca di un Trust che preveda come beneficiario dei beni lo stesso disponente: non rileva ai fini dell’imposta sulle successioni e donazioni mancando l’effettivo trasferimento intersoggettivo di ricchezza.

Il presupposto impositivo dell’imposta sulle successioni e sulle donazioni individuato dall’art. 1 D.lgs. 346/1990 nei “trasferimenti di beni e diritti per successione a causa di morte ed ai trasferimenti di beni e diritti per donazione o altra liberalità tra vivi” non è integrato nel caso di revoca di un Trust che preveda come beneficiario dei beni lo stesso disponente, mancando di fatto il trasferimento intersoggettivo di ricchezza. È questo l’interessante principio affermato dall’Agenzia delle entrate con la risposta ad interpello n. 106 del 16 febbraio 2021.

Secondo la soluzione interpretativa prospettata dall’istante né l’atto di dotazione del Trust (i.e., il momento di “entrata” dei beni) né i trasferimenti in suo favore (i.e., i momenti di “uscita” dei beni, ivi incluso quello della “revoca”) degli assets costituenti il fondo del Trust revocabile avrebbero dovuto scontare alcuna imposizione ai fini dell’imposta sulle successioni e donazioni. A sostegno della propria tesi, e cioè che il trasferimento avrebbe avuto la valenza di mera reintestazione dei beni dal Trust all’Istante, il contribuente sottolineava l’identità soggettiva tra il formale disponente e il beneficiario nonché l’identità oggettiva del patrimonio oggetto dell’atto di dotazione e dell’atto di trasferimento rappresentato dal 100% delle quote di possesso di una società mai mutate qualitativamente nel periodo di intestazione al Trust.

Nei fatti l’Istante, iscritta da 1994 all’AIRE, istituiva il Trust nel 2017 dotandolo contestualmente di una somma di denaro e successivamente, sempre nel 2017, di una giacenza di un conto corrente bancario e dell’intero capitale sociale di una società (un fondo di investimento privato nel quale nel 2015 era confluito l’intero patrimonio dell’Istante). In esito ad una verifica fiscale condotta dalla Guardia di Finanza nel 2018, l’Istante veniva ritenuta fittiziamente residente all’estero e fiscalmente residente sul territorio nazionale a partire dal 2014 e il Trust veniva ritenuto soggetto interposto ai fini fiscali, ai sensi dell’articolo 37, comma 3 del d.P.R. n. 600 del 1973, con la conseguente attribuzione della titolarità dei relativi redditi in capo all’Istante quale disponente, per l’intero importo. In particolare dal processo verbale di constatazione e dalle risultanze delle indagini penali-tributarie era emerso infatti che l’Istante nel corso degli anni (a partire dal 2006) avesse posto in essere una serie di strutture societarie e di trust esteri, succedutesi nel tempo senza soluzione di continuità, nelle quali era confluito il proprio patrimonio; tali strutture, create al solo fine di interporre uno schermo tra l’Istante e i propri asset che impedisse di far conoscere al fisco la reale portata del suo patrimonio, erano pertanto state ritenute tutte fittizie, avendo di fatto l’Istante mantenuto sempre il controllo e la gestione dei propri beni. La disponente definiva allora le contestazioni mediante adesione, effettuava i relativi versamenti delle imposte attingendo esclusivamente al patrimonio conferito nel Trust e poneva in essere tutte le attività necessarie al fine di adempiere ai propri obblighi tributari di dichiarazione e versamento delle imposte dovute. Infine, volendo allineare del tutto la struttura di detenzione del patrimonio rispetto alle contestazioni mosse dall’Amministrazione finanziaria, nel 2020, tramite atto di revoca del Trust, l’Istante esercitava il proprio potere di revoca integrale in relazione alla totalità dei beni al fine di ottenerne in qualità di unico beneficiario la completa reintestazione, ritenendo con ciò di non dover scontare alcuna imposizione ai fini dell’imposta sulle successioni e donazioni.

Nella risposta fornita l’Agenzia, rinviando alle disposizioni contenute all’articolo 2 del decreto legge 3 ottobre 2006, n. 262 ed al decreto legislativo 31 ottobre 1990, n. 346, conclude che seppur in linea di principio l’attribuzione di beni e/o diritti ai beneficiari di trust da parte del trustee potrebbe determinare l’applicazione dell’imposta sulle successioni e donazioni, rilevando nella fattispecie in esame la circostanza che il soggetto disponente coincida con il soggetto beneficiario del Trust “l’assenza di un trasferimento intersoggettivo preclude l’applicazione dell’imposta di donazione per carenza del presupposto oggettivo di cui all’articolo 1 del citato decreto legislativo, mancando un trasferimento di ricchezza”. L’Ufficio peraltro non ha mancato di citare la recente giurisprudenza della Corte di Cassazione la quale ha ormai chiarito che “solo l’attribuzione al beneficiario, che come detto deve essere diverso dal disponente può considerarsi, nel trust, il fatto suscettibile di manifestare il presupposto dell’imposta sul trasferimento di ricchezza” (Cass. Sent. n. 10256/2020).