Vincolo paesaggistico equiparabile al vincolo storico-artistico ai fini del computo dell’imposta di registro

L’articolo 136 del Codice dei beni culturali e del paesaggio (D.Lgs. 22 gennaio 2004, n. 42, c.d. “Codice Urbani”) che apre il Titolo 1 del testo normativo, testualmente dispone: “1. Sono soggetti alle disposizioni di questo Titolo per il loro notevole interesse pubblico: a) le cose immobili che hanno cospicui caratteri di bellezza naturale, singolarità geologica o memoria storica, ivi compresi gli alberi monumentali; b) le ville, i giardini e i parchi, non tutelati dalle disposizioni della Parte seconda del presente codice, che si distinguono per la loro non comune bellezza; c) i complessi di cose immobili che compongono un caratteristico aspetto avente valore estetico e tradizionale, inclusi i centri ed i nuclei storici; d) le bellezze panoramiche e così pure quei punti di vista o di belvedere, accessibili al pubblico, dai quali si goda lo spettacolo di quelle bellezze.”

L’articolo 142 dello stesso D.Lgs. 22 gennaio 2004, n. 42 (troppo lungo da trascrivere in questa sede, al quale rinviamo), precisa meglio i contenuti del vincolo paesaggistico.

L’Agenzia delle Entrate nella risoluzione 23 marzo 207 n. 60 riconosce che “per i beni di rilevante interesse paesaggistico e naturale, l’articolo 37, comma 3, della legge 6 dicembre 1991, n. 394, prevede l’applicazione delle agevolazioni di cui all’art. 5 della legge 2 agosto 1982, n. 512”.

Facendo leva, poi su un mancato coordinamento normativo nella Circolare si conclude:

si ritiene che la dichiarazione di notevole interesse pubblico, emanata ai sensi dell’articolo 140 del codice Urbani, sia condizione indispensabile per la applicabilita’ dell’aliquota agevolata di cui all’articolo 1, comma 4, Tariffa parte prima del TUR, ai trasferimenti che abbiano ad oggetto (non genericamente immobili con cospicui caratteri di bellezza o singolarita’ geologica, nonche’ di ville, giardini e parchi che si distinguono per la loro non comune bellezza, bensi’) beni appartenenti alle sopraelencate categorie che siano espressamente dichiarati di notevole interesse pubblico dalle autorita’ competenti nelle forme previste dalla legge. Cio’ in conformita’ al disposto dell’articolo 134, l. a) del Codice Urbani secondo cui “sono beni paesaggistici gli immobili e le aree indicati nell’art. 136, individuati ai sensi degli articoli da 138 a 141”. Ai beni in argomento si applicano, in quanto compatibili, le seguenti prescrizioni, con riguardo ai beni di rilevante interesse culturale, in nota all’articolo 1, Tariffa parte I del TUR:

“Ai fini dell’applicazione dell’aliquota del 3 per cento la parte acquirente:

a) ove gia’ sussista il vincolo previsto dalla legge 1 giugno 1939, n. 1089, per i beni culturali dichiarati, deve dichiarare nell’atto di acquisto gli estremi del vincolo stesso in base alle risultanze dei registri immobiliari;

b) qualora il vincolo non sia stato ancora imposto deve presentare, contestualmente all’atto da registrare, una attestazione, da rilasciarsi dall’Amministrazione per i beni culturali e ambientali, da cui risulti che e’ in corso la procedura di sottoposizione dei beni al vincolo”.

Con questa premessa si comprende meglio l’Ordinanza n. 23411 della quinta sezione della Corte di Cassazione, depositata il 24 agosto 2021 (Pres. Chindemi Rel. Vecchio) che decide sul ricorso di un Notaio, chiamato, in qualità di responsabile di imposta, a corrispondere le maggiori imposte d’atto in relazione alla compravendita di un immobile ricadente in zona a vincolo paesaggistico di notevole interesse pubblico.

Viene dunque vagliata la sentenza della CTR la quale dopo aver constatato che: « dal certificato di destinazione urbanistica, allegato sub a) […] si rileva che testualmente gli immobili sono qualificati “soggetti a vincolo paesaggistico ai sensi dell’art. 136 del D. Lvo. 42/2004 e soggetti a vincolo paesaggistico ai sensi dell’art. 142 del D. Lvo. 42/2004 ” », si esprime contro la concessione delle agevolazioni sui trasferimenti affermando “i vincoli paesaggistici ed idrogeologici di cui al r.d. 25 luglio 1904 n. 503 Li e al r.d.l. 30 dicembre 1923 n. 326 e, in particolare, la zona di rispetto circostante le sponde del lago di Varese, correttamente menzionati nel certificato di destinazione urbanistica allegato al rogito redatto dal notaio dott. C. G., non determinano assolutamente l’equiparazione del terreno compravenduto ai beni di interesse storico, artistico ed archeologico di cui alla r.d.l. n. 1089/1939 né ai beni di cui ai numeri 1) e 2) dell’art. 1 r.d.l. n. 1497/1939”.

Su questi presupposti i Giudici della Sezione Tributaria cassano la sentenza impugnata e, decidendo la causa nel merito, accolgono il ricorso introduttivo del responsabile di imposta con condanna alle spese dell’Agenzia delle Entrate.