Ancora sui riflessi del giudicato penale nel giudizio tributario

Pochi giorni fa ci era capitato di considerare i rapporti tra giudizio penale e giudizio tributario in senso pro-contribuente, quando si tratta di valutare i fatti accaduti. Adesso parliamo invece di una situazione in cui la predetta derivazione è stata risolta in senso favorevole all’Amministrazione dalla Corte di Cassazione, la quale ha respinto nel caso specifico il ricorso del contribuente.

Parliamo della Sentenza n. 25804 del 23 settembre 2021 (Pres. Cirillo, Rel. Federici) della Sezione Tributaria.

Nel ricorso il contribuente aveva sostenuto infatti l’illegittimità della pronuncia impugnata perché il giudice regionale non avrebbe tenuto conto della sentenza penale con la quale, con la formula “il fatto non sussiste”, è stata esclusa la sua responsabilità in quella sede. Sostiene che quella pronuncia faceva stato per i fatti ivi accertati anche ai fini della controversia tributaria.

La questione riguarda la presunzione ex art. 32 del DPR 600/73 sui prelevamenti e i versamenti bancari del soggetto, imprenditore in contabilità ordinaria.

Il motivo viene giudicato inammissibile per difetto di autosufficienza. Si ricorda come la giurisprudenza della Cassazione abbia da tempo affermato che la sentenza penale irrevocabile di assoluzione dal reato tributario, emessa con la formula “perché il fatto non sussiste”, non spiega automaticamente efficacia di giudicato nel processo tributario, ancorché i fatti accertati in sede penale siano gli stessi per i quali l’Amministrazione finanziaria ha promosso l’accertamento nei confronti del contribuente, ma può essere presa in considerazione come possibile fonte di prova dal giudice tributario, il quale, nell’esercizio dei propri poteri di valutazione, deve verificarne la rilevanza nell’ambito specifico in cui detta decisione è destinata ad operare (Cass., 22/05/2015, n. 10578; 27/06/2019, n. 17258).

Ciò implica che è compito del giudice di merito valutare nell’ambito del processo tributario la rilevanza dei fatti accertati in sede penale, ma è onere del ricorrente indicare quali fossero quei fatti ed in che misura essi potevano incidere sulla controversia.

Il motivo addotto resta invece del tutto generico, privo di contenuto e riferimenti circoscritti, limitandosi ad affermazioni di principio incapaci di far comprendere se e in quale misura fossero stati accertati fatti utili nella controversia fiscale.

Quindi secondo la Corte la considerazione dei fatti va ricondotta ad una specifica eccezione che non si limiti a censurare il metodo, ma indichi quali sarebbero gli elementi di prova che avrebbero potuto essere desunti dall’accertamento svolto in sede penale.