“In tema di reati tributari, il sequestro preventivo finalizzato alla confisca di cui al D.Lgs. 10 marzo 2000, n. 74, art. 12-bis, non può essere adottato sui beni già assoggettati alla procedura fallimentare, in quanto la dichiarazione di fallimento importa il venir meno del potere di disporre del proprio patrimonio in capo al fallito, attribuendo al curatore il compito di gestire tale patrimonio al fine di evitarne il depauperamento” (Cass. Pen., 31 marzo 2021, n. 12125)
Il fallimento implica la perdita di ogni disponibilità dei beni da parte del fallito e, quindi, non può essere oggetto di sequestro quanto confluito nel conto creato appositamente dal curatore fallimentare, altrimenti l’attività del curatore stesso verrebbe frustrata.
Inoltre, la confisca prevista dall’art. 12 bis del D. Lgs n. 74/2000 non può essere applicata qualora i beni che costituiscono il profitto o il prezzo del reato siano di proprietà di terzi estranei al reato o, comunque, nel caso in cui tali beni siano indisponibili in capo al reo e – dunque – alla persona giuridica rappresentata dall’autore del reato.
Infine, in tema di reati tributari, la natura fungibile del denaro non consente il sequestro preventivo funzionale alla confisca diretta delle somme depositate sul conto corrente bancario di una società dichiarata fallita (corrispondenti alle rimesse effettuate dal curatore fallimentare successivamente alla data di consumazione del reato da parte del legale rappresentante della stessa), in quanto esse, non derivando dal reato, non ne possono costituire il profitto.