Vendita di terreno con sovrastante fabbricato da demolire: la Cassazione nega la riqualificazione dell’atto ex art. 20 D.P.R. 131/86

L’ordinanza della Sezione Tributaria della Corte di Cassazione n. 10688 depositata in data 22 aprile 2021 (Pres. Chindemi, Rel. De Masi) ricostruisce in modo chiaro e preciso il quadro interpretativo dell’articolo 20 del testo unico di registro, fino alla recente sentenza della Corte Costituzionale 39/2021.

E risolve in favore del contribuente un caso di riqualificazione di cessione di terreno con vetusto fabbricato da demolire (nell’atto si menzionava anche l’approvazione del progetto per la riedificazione) in cessione di terreno edificabile.

La Corte ricorda che a norma dell’art. del d.p.r. n. 131 del 1986 «l’imposta è applicata secondo la intrinseca natura e gli effetti giuridici dell’atto presentato alla registrazione, anche se non vi corrisponda il titolo o la forma apparente, sulla base degli elementi desumibili dall’atto medesimo, prescindendo da quelli extra testuali e dagli atti ad esso collegati, salvo quanto disposto dagli articoli successivi».

Il testo attuale della disposizione è frutto delle modifiche introdotte dall’art. 1, comma 87, lett. a), nn. 1) e 2), della legge n. 205 del 2017 (di “interpretazione autentica” ex art. 1, comma 1084, della legge n. 145 del 2018), che recano l’espressa previsione della irrilevanza degli elementi extra testuali e del collegamento negoziale: il legislatore ha voluto imporre una interpretazione isolata dell’atto da sottoporre a registrazione, fondata unicamente sugli elementi da esso desumibili, ribadendo così la natura d’imposta d’atto dell’imposta di registro, la quale colpisce l’atto sottoposto a registrazione quale risulta dallo scritto.

Il Giudice delle leggi, con la sentenza n. 39/2021, ha recentemente dichiarato manifestamente infondata la questione posta in giudizio dall’Agenzia delle Entrate di legittimità costituzionale dell’art. 20 del d.P.R. 26 aprile 1986, n. 131, della legge 27 dicembre 2017, n. 205 sollevate, in riferimento agli artt. 3 e 53 della Costituzione, dalla Commissione tributaria provinciale di Bologna.

In altri termini, resta ferma la legittimità dell’attività di riqualificazione per via interpretativa dell’atto da registrare soltanto se operata “ab intrinseco”, senza l’utilizzazione di elementi ad esso estranei, in quanto l’interpretazione prevista dall’art. 20, d.p.r. n. 131 del 1986, non può basarsi sull’individuazione di contenuti diversi da quelli ricavabili dalle clausole negoziali e dagli elementi comunque desumibili dal singolo atto presentato alla registrazione, essendo viceversa la finalità antielusiva profilo affatto estraneo alla disposizione in esame.

All’Ufficio, pertanto, deve ritenersi impedita la riqualificazione di un unico negozio, come di più o meno articolate sequenze negoziali, applicando il più volte citato art. 20, sulla base della valorizzazione di elementi extra testuali.

A diversi limiti, invece, soggiace la potestà dell’Amministrazione finanziaria quando la riqualificazione è diretta a far valere il collegamento negoziale e, più in generale, qualunque forma di abuso del diritto ed elusione fiscale, ai sensi dell’art. 10-bis, I. n. 212 del 2000, trattandosi di ipotesi estranea alla ermeneutica dell’atto da registrare. L’azione accertatrice, in tali casi, si deve attuare mediante apposito e motivato atto impositivo, preceduto – a pena di nullità – da una richiesta di chiarimenti, che il contribuente può fornire entro un certo termine, il tutto da svolgersi all’interno di uno specifico procedimento di garanzia.

Con specifico riferimento alla fattispecie in esame, i Giudici di Legittimità hanno ritenuto superato l’indirizzo giurisprudenziale di legittimità secondo cui, in materia di imposta di registro, nel caso di vendita di terreno con sovrastante fabbricato vetusto, la richiesta di concessione edilizia per la costruzione di un nuovo immobile, previa demolizione del fabbricato, comporta la riqualificazione ex art. 20, d.p.r. n. 131 del 1986, e quindi senza attivazione del preventivo contraddittorio ex art. 10 bis I. n. 212 del 2000, dell’atto presentato alla registrazione, quale vendita di terreno edificabile e la conseguente rettifica dell’imposta, dovendo il negozio essere sottoposto a tassazione in ragione degli effetti giuridici che oggettivamente produce (Cass. n. 313/2018, n. 12062/2016, n. 16983/2015, n. 24799/2014).

La sopra delineata soluzione interpretativa, peraltro, contribuisce ad avvicinare il trattamento tributario in materia fiscale tra imposte dirette ed indirette, atteso che, come questa Corte ha avuto occasione di affermare, “In tema di IRPEF, ai fini della tassazione separata, quali “redditi diversi”, delle plusvalenze realizzate a seguito di cessioni, a titolo oneroso, di terreni dichiarati edificabili in sede di pianificazione urbanistica, l’alternativa fra “edificato” e “non edificato” non ammette un “tertium genus”, con la conseguenza che la cessione di un edificio, anche ove le parti abbiano pattuito la demolizione e ricostruzione con aumento di volumetria, non può essere riqualificata dall’Amministrazione finanziaria come cessione del terreno edificabile sottostante, neppure se l’edificio non assorbe integralmente la capacità edificatoria residua del lotto su cui insiste, essendo inibito all’Ufficio, in sede di riqualificazione, superare il diverso regime fiscale previsto tassativamente dal legislatore per la cessione di edifici e per quella dei terreni. (Cass. n. 5088/2019, n. 22409/2019, n. 31602/2018, n. 15629/2014, e circolare dell’Agenzia delle entrate n. 23/2020)”