L’Ordinanza 6 luglio 2021, n. 19169 (Pres. Cirillo, Rel. Condello) della Sezione Tributaria della Corte di Cassazione riporta le recenti elaborazioni giurisprudenziali in tema di operazioni soggettivamente inesistenti e risulta pertanto da menzionare, anche se complessivamente non ci sono novità di rilievo da segnalare nelle prospettazioni dei Giudici di Legittimità.
Viene ribadito invece che per la Cassazione, nel caso di operazioni soggettivamente inesistenti, è onere dell’Amministrazione che contesti il diritto del contribuente a portare in deduzione il costo ovvero in detrazione l’IVA pagata su fatture emesse da un concedente diverso dall’effettivo cedente del bene o servizio, dare la prova che il contribuente, al momento in cui acquistò il bene od il servizio, sapesse o potesse sapere (in tal senso anche Corte di Giustizia UE 22 ottobre 2015, causa C-277/14 PPUK; anche 15 luglio 2015, causa C-159/14 Koela -N; 15 luglio 2015, causa C-123/14 Itales; 13 febbraio 2014„ in causa C-18/13 Maks Pen Eood; 21 giugno 2012, in causa C-80/11 e C-142/11, Mahageben et David; ), con l’uso della diligenza media, che l’operazione invocata a fondamento del diritto a detrazione si è iscritta in un’evasione o in una frode.
La dimostrazione può essere data anche attraverso presunzioni semplici, valutati tutti gii elementi indiziari agli atti, attraverso la prova che, al momento in cui ha stipulato il contratto (nella specie di leasing immobiliare), il contribuente è stato posto nella disponibilità di elementi sufficienti per un imprenditore onesto che opera sul mercato e mediamente diligente, a comprendere che il soggetto formalmente cedente il bene al concedente aveva, con l’emissione della relativa fattura, evaso l’imposta o compiuto una frode (Cass., 28 febbraio 2019, n. 5873).
Pertanto, in tema di Iva, l’Amministrazione finanziaria, se contesta che la fatturazione attenga ad operazioni soggettivamente inesistenti, inserite o meno nell’ambito di una frode carosello, ha l’onere di provare, non solo l’oggettiva fittizietà del fornitore, ma anche la consapevolezza del destinatario che l’operazione si inseriva in una evasione dell’imposta, dimostrando, anche in via presuntiva, in base ad elementi oggettivi e specifici, che il contribuente era a conoscenza, o avrebbe dovuto esserlo, usando l’ordinaria diligenza in ragione della qualità professionale ricoperta, della sostanziale inesistenza del contraente; ove l’Amministrazione assolva a detto onere istruttorio, grava sul contribuente la prova contraria di avere adoperato, per non essere coinvolto in un’operazione volta ad evadere l’imposta, la diligenza massima esigibile da un operatore accorto, secondo criteri di ragionevolezza e di proporzionalità in rapporto alle circostanze del caso concreto, non assumendo rilievo, a tal fine, né la regolarità della contabilità e dei pagamenti, né la mancanza di benefici dalla rivendita delle merci o dei servizi (Cass., 30 ottobre 2018, n. 27566; Cass., 24 agosto 2018, n. 21104; Cass., 14 marzo 2018, n. 6291; Cass., 28 marzo 2018, n. 7613).
L’Amministrazione finanziaria non può limitarsi a dimostrare l’inidoneità operativa del cedente, ma deve dimostrare altresì che il cessionario quantomeno fosse in grado di percepire (“avrebbe dovuto”) tale inidoneità in base alla sua diligenza specifica quale operatore medio del settore (Cass., 6864/2016).
Più in generale l’Amministrazione finanziaria ha l’onere di provare (in base ad elementi oggettivi, anche presuntivi; Cass., n. 155044 e n. 20059 del 2014) che il cessionario o committente si trovasse di fronte a circostanze indizianti dell’esistenza di irregolarità nell’operazione.
Quindi riteniamo utile la rilettura fatta dalla Sezione Tributaria considerato che ancora negli avvisi di accertamento l’amministrazione pretende di aver assolto l’onere probatorio avendo individuato la “cartiera” e accertando massicciamente tutti coloro che da essa hanno acquistato. Si tratta, è bene ricordarlo, di un orientamento ormai superato (risalente per la verità alla sezione filtro con lo stesso Presidente Cirillo) sia dalle elaborazioni della Cassazione che, ancor prima, da quelle della Corte UE.