Plusvalenza da cessione di immobile o di azienda: si conferma che l’Amministrazione non può procedere ad accertarla sulla sola base del valore dichiarato, accertato o definito ai fini del registro

Con ordinanza n. 27477 del 2 dicembre 2020 la Quinta Sezione della Corte di Cassazione (Pres. Sorrentino, Rel. Federici) torna ad esprimersi in materia di accertamento delle imposte sui redditi circa la determinazione delle plusvalenze realizzate a seguito di cessione di immobili e di aziende.

Nei fatti successivamente alla cessione di un terreno al prezzo di € 834.000,00, la società cessionaria rideterminava il prezzo d’acquisto (ricorrendo alla definizione agevolata prevista dall’art. 11, I. 27 dicembre 2002, n. 289 per l’imposta di registro); sulla base del nuovo valore di € 1.042.500,00 l’Ufficio finanziario provvedeva a rideterminare l’ammontare della maggiore plusvalenza conseguita e non dichiarata dalla cedente, una contribuente persona fisica. Seguiva contenzioso presso la CTP di Milano e la CTR Lombardia con esiti in entrambi i gradi del giudizio favorevoli alla contribuente; da qui il ricorso in Cassazione dell’Agenzia.

La Corte ha innanzitutto ricordato come con l’introduzione dell’art. 5, co. 3, del d.lgs. 22 settembre 2015, n. 147, gli articoli 58, 68, 85 e 86 del testo unico delle imposte sui redditi (D.P.R. n. 917/1986), e gli articoli 5, 5 bis, 6 e 7 del decreto legislativo 15 dicembre 1997, n. 446, debbano interpretarsi nel senso che per le cessioni di immobili e di aziende nonché per la costituzione e il trasferimento di diritti reali sugli stessi, l’esistenza di un maggior corrispettivo non sia presumibile soltanto sulla base del valore, anche se dichiarato, accertato o definito ai fini dell’imposta di registro, ovvero delle imposte ipotecaria e catastale. È necessario invece che l’Ufficio individui ulteriori indizi, gravi, precisi e concordanti, che supportino l’accertamento del maggior corrispettivo rispetto a quanto dichiarato dal contribuente, che a sua volta, ove voglia contestare le determinazioni dell’Amministrazione finanziaria, è gravato della prova contraria. Inoltre l’interpretazione autentica della disciplina (con efficacia dunque retroattiva), laddove è previsto che il maggior corrispettivo ai fini dell’imposta di registro sia stato ‘dichiarato’, ‘accertato’ o ‘definito’, deve intendersi nel senso della irrilevanza della determinazione non solo in sede di accertamento, ma anche in occasione della sua definizione, come nell’ipotesi di adesione alla definizione agevolata (art. 11, l. n. 289 del 2002).

I giudici di legittimità, respinto il ricorso dell’Agenzia ed evidenziato come a seguito del citato intervento legislativo si sia registrato un mutato orientamento della giurisprudenza in materia di accertamento delle imposte sui redditi, hanno pertanto riaffermato il rinnovato principio di diritto secondo cui “l’art. 5 cit. esclude che l’Amministrazione possa ancora procedere ad accertare, in via induttiva, la plusvalenza realizzata a seguito di cessione di immobile o di azienda solo sulla base del valore dichiarato, accertato o definito ai fini dell’imposta di registro” .