Durata delle verifiche fiscali: dalla giurisprudenza ancora colpi allo statuto del contribuente.

Proviamo a ricordare il primo comma dell’articolo 1 della Legge 212 del 2000 (Statuto dei diritti del contribuente):

“Le disposizioni della presente legge, in attuazione degli  articoli  3, 23,  53  e  97   della   Costituzione,   costituiscono   princìpi   generali dell’ordinamento tributario e possono  essere  derogate  o  modificate  solo espressamente e mai da leggi speciali”.

Da questo principio la dottrina e la giurisprudenza degli anni successivi all’emanazione dello “Statuto” hanno derivato l’idea che le norme ivi contenute costituissero principi immanenti, auto-adattativi, di diretta derivazione costituzionale.

In particolare l’articolo 12 dello Statuto viene poi rubricato con riferimento ai Diritti ed alle Garanzie. Nel caso specifico si tratta di diritti e garanzie del contribuente sottoposto a verifiche fiscali, com’è noto. Tra tali diritti e tali garanzie il comma 5 prevede quella per cui la permanenza degli operatori civili  o  militari  dell’amministrazione finanziaria, dovuta a verifiche presso la sede  del  contribuente,  non  può superare i trenta giorni lavorativi, prorogabili per ulteriori trenta giorni nei casi di particolare complessità dell’indagine individuati e motivati dal dirigente dell’ufficio. La norma si preoccupa addirittura di stabilire i motivi esclusivi per cui gli  operatori  possono  ritornare  nella  sede  del contribuente, decorso tale periodo. Ovvero  per  esaminare  le  osservazioni  e  le richieste eventualmente presentate  dal  contribuente  dopo  la  conclusione delle operazioni di verifica o, previo assenso motivato  del  dirigente dell’ufficio, per specifiche ragioni.

C’è allora da chiedersi, in un contesto così rigoroso di principi immanenti, di riferimenti costituzionali fondamentali, di diritti e di garanzie, che cosa succeda se i tempi per le verifiche ivi previsti vengano superati in violazione di questo rigoroso apparato normativo.

La risposta è: niente.

La Sentenza n. 1706 del 24 gennaio 2018 della Sezione Tributaria della Corte di Cassazione (Pres. Piccininni, Rel. Locatelli), rifacendosi ad un orientamento ormai stabilizzato, ricorda infatti che nell’ambito delle verifiche tributarie, la violazione del termine di permanenza degli operatori dell’amministrazione finanziaria presso la sede del contribuente non determina la sopravvenuta carenza del potere di accertamento ispettivo, né l’invalidità degli atti compiuti o l’inutilizzabilità delle prove raccolte, atteso che nessuna di tali sanzioni è stata prevista dal legislatore (Cassazione sez. 5, sentenza n. 7584 del 15 aprile 2015).

Non viene posta particolare enfasi, per la verità, su tale conclusione, relativamente alla quale si cita un solo precedente, tra i vari ormai esistenti. Rimane un evidente contrasto coi princìpi per quanto detto sopra.