La Cassazione torna sul concetto qualitativo di inerenza.

La  Sentenza n. 32254 del 13 dicembre 2018 della Sezione Tributaria della Corte di Cassazione (Pres. Locatelli, Rel. Federici) torna sul concetto di inerenza nella sua considerazione qualitativa e non quantitativa, in linea con la giurisprudenza più recente della Corte stessa.

Secondo i Giudici di Legittimità il postulato dell’inerenza, secondo l’interpretazione tradizionale, trova allocazione nell’art. 109 del d.P.R. n. 917 del 1986, e in particolare è ricondotto al rapporto tra costo ed impresa. Con riguardo alla determinazione del reddito d’impresa, l’inerenza all’attività d’impresa delle singole spese e dei costi affrontati, indispensabile per ottenerne la deduzione ex art. 109 (già 75) del d.P.R. n. 917 del 1986, va definita come una relazione tra due concetti – la spesa (o il costo) e l’impresa – sicché il costo (o la spesa) assume rilevanza ai fini della qualificazione della base imponibile non tanto per la sua esplicita e diretta connessione ad una precisa componente di reddito, bensì in virtù della sua correlazione con un’attività potenzialmente idonea a produrre utili (cfr. Sez. 5, ord. n. 20049 del 2017; ord. n. 11241 del 2017; sent. n. 4041 del 2015).

L’inerenza deve esprimere la necessità di riferire i costi sostenuti all’esercizio dell’attività imprenditoriale, escludendo quelli che si collocano in una sfera estranea ad essa, “senza che si debba compiere alcuna valutazione in termini di utilità, anche solo potenziale o indiretta, in quanto è configurabile come costo anche ciò che non reca alcun vantaggio economico, senza che assuma rilevanza la congruità delle spese, perché il giudizio sull’inerenza è di carattere qualitativo e non quantitativo (Sez. 5, ord. n. 450 del 2018)”.

Nel caso specifico l’amministrazione aveva disconosciuto la deducibilità dei costi portati nelle autofatture di una società esercente l’attività alberghiera in Roma per rapporti con una importante e prestigiosa catena alberghiera allocata in vari Stati del mondo. In altri termini i costi erano relativi ai servizi di marketing e pubblicità forniti da  una società che faceva consulenza a tutte le società del gruppo.

L’esistenza di un “contratto di commercializzazione” per i Giudici di merito fa ritenere i costi specificamente aziendali e come tali quindi deducibili, in accoglimento delle tesi della società. La motivazione della sentenza di appello appare alla Corte congrua, ancorché sintetica, facendo corretto riferimento all’aspetto qualitativo delle spese, riferibili all’ambito di attività dell’impresa.  Anche sotto il profilo probatorio la CTR dimostra di aver considerato assolto nel merito sulla base del predetto contratto. Quindi il ricorso dell’Agenzia delle Entrate viene respinto.