L’art. 12, comma 4, del D.P.R. n°602 del 1973 prescrive che ” il ruolo è sottoscritto, anche mediante firma elettronica dal titolare dell’Ufficio o da un suo delegato. Con la sottoscrizione il ruolo diviene esecutivo”.
Sovente quini il contribuente, in sede di opposizione ad atto notificato dall’Agente per la Riscossione, eccepisce in sede giudiziale la corretta sottoscrizione del ruolo: l’agente della riscossione fornirà poi la prova che sia stato sottoscritto dal titolare dell’ufficio o da un suo delegato.
Tali eccezioni non hanno tuttavia fondamento, secondo ciò che afferma l’Ordinanza 22 gennaio 2018 n. 1545 della VI Sezione della Corte di Cassazione (Pres. Cirillo, Rel. Luciotti).
Secondo la sezione filtro, infatti, fatta eccezione per alcuni limitati e specifici atti fiscali, come ad esempio l’avviso di accertamento in materia di imposte sui redditi e sul valore aggiunto, che «è nullo, ai sensi dell’art. 42 del d.P.R. 29 settembre 1973 n. 600 e dell’art. 56 del d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633 (che, nel rinviare alla disciplina sulle imposte dei redditi, richiama implicitamente il citato art. 42), se non reca la sottoscrizione del capo dell’ufficio o di altro impiegato della carriera direttiva da lui delegato» (cfr. Cass. n. 18758 del 2014 e la giurisprudenza ivi citata), vige il principio che «l’atto amministrativo non è invalido solo perché privo di sottoscrizione, in quanto la riferibilità dell’atto all’organo amministrativo titolare del potere nel cui esercizio esso è adottato può essere desunta anche dal contesto dell’atto stesso» (Cass., n. 11458 del 2012).
Quindi il difetto di sottoscrizione del ruolo da parte del capo dell’ufficio – al pari della mancanza di sottoscrizione della cartella di pagamento, quando non è in dubbio la riferibilità di questo all’Autorità da cui promana – non incide, secondo la Corte, in alcun modo sulla validità dell’iscrizione a ruolo del tributo, poiché si tratta di atto interno e privo di autonomo rilievo esterno, trasfuso nella cartella da notificare al contribuente (cfr. Cass. n. 19671 del 2016 che richiama Cass. n. 26053/15, n. 6199/15, n. 6610/13, nonché Corte cost. n. 117 del 2000, secondo cui sostituisce “diritto vivente” il principio in base al quale «l’autografia della sottoscrizione è elemento essenziale dell’atto amministrativo nei soli casi previsti dalla legge, ed è regola sufficiente che dai dati contenuti nel documento sia possibile individuare con certezza l’autorità da cui l’atto proviene»).
In definitiva il ruolo esattoriale – quale atto amministrativo – è assistito da una presunzione di legittimità, che spetta al contribuente superare mediante prova contraria […] prova che il contribuente era in grado di ottenere tramite istanza di accesso” Peraltro, la disposizione dell’art. 12, comma 4, d.P.R. n. 602 del 1973 è interpretata dall’art. 1, comma 5-ter, lett. e, d.l. n. 106 del 2005, conv. l. n. 156 del 2005, nel senso che il ruolo si intende formato e reso esecutivo anche mediante la validazione dei dati» (cfr. Cass. n. 26546 del 2016; Cass. n. 1449 del 2017)”.