L’articolo 65 del DPR 600/73 rubricato “Eredi del contribuente” prevede che gli eredi rispondono in solido delle obbligazioni tributarie il cui presupposto si è verificato anteriormente alla morte del dante causa.
Il secondo comma poi prescrive che gli eredi debbano comunicare all’ufficio fiscale del domicilio fiscale del dante causa le proprie generalità e il proprio domicilio fiscale. La comunicazione può essere presentata direttamente all’ufficio o trasmessa mediante lettera raccomandata con avviso di ricevimento, nel qual caso si intende fatta nel giorno di spedizione.
Tutti i termini pendenti alla data della morte del contribuente o scadenti entro quattro mesi da essa, compresi il termine per la presentazione della dichiarazione e il termine per ricorrere contro l’accertamento, sono prorogati di sei mesi in favore degli eredi. I soggetti incaricati dagli eredi, ai sensi del comma 2 dell’articolo 12, devono trasmettere in via telematica la dichiarazione entro il mese di gennaio dell’anno successivo a quello in cui è scaduto il termine prorogato.
La notifica degli atti intestati al dante causa può essere effettuata agli eredi impersonalmente e collettivamente nell’ultimo domicilio dello stesso ed è efficace nei confronti degli eredi che, almeno trenta giorni prima, non abbiano effettuato la comunicazione di cui al secondo comma.
Su questo presupposto normativo poggia l’ordinanza 9 marzo 2018, n. 5746 della Sezione Tributaria (Pres. De Iasi, Rel. Di Masi) che respinge un ricorso dell’Agenzia delle Entrate nel contesto di una vicenda nella quale la notifica dell’atto impositivo non aveva osservato le regole predette.
Per la Corte va rilevato che nel sistema di cui al citato D.P.R. n. 600 del 1973, art. 65, è previsto (comma 2) a carico degli eredi del contribuente un obbligo di comunicazione (del decesso del contribuente e del nominativo degli eredi) destinato a consentire agli uffici finanziari di azionare direttamente nei confronti degli eredi stessi le obbligazioni tributarie il cui presupposto si sia verificato anteriormente alla morte del dante causa.
Da ciò deriva dunque che l’Amministrazione finanziaria si trova di fronte a due possibili alternative qualora debba notificare un avviso di accertamento ad un contribuente che sia deceduto e, segnatamente, se è stata eseguita la comunicazione di cui al D.P.R. n. 600 del 1973, art. 65, comma 2, delle proprie generalità e del proprio domicilio fiscale, gli atti impositivi devono essere diretti e notificati personalmente e nominativamente agli eredi nel domicilio fiscale da costoro comunicato, se, invece, tale comunicazione non sia stata eseguita, gli atti impositivi intestati al dante causa possono essere notificati nell’ultimo domicilio dello stesso, ma agli eredi collettivamente e impersonalmente, e tale notifica sarà efficace nei confronti degli eredi che, almeno trenta giorni prima, non abbiano effettuato la comunicazione di cui sopra (D.P.R. n. 600 del 1973, art. 65, comma 4).
Nel caso specifico atteso che l’avviso impugnato, intestato al de cuius, fu notificato dopo la morte dello stesso “nelle mani della Sig.ra C. qualificatasi moglie”, e non agli eredi impersonalmente e collettivamente la Corte non può che rilevare la nullità della notifica, per quanto su basi diverse e più rigorose di quanto fatto dai giudici di merito che avevano attribuito rilevanza alla presentazione della dichiarazione di successione la quale non ha invece alcun effetto, per i Giudici di legittimità, ai fini della notifica.