Motivazione della sentenza carente se il riferimento agli atti di causa è troppo generico.

La quinta sezione della Corte di Cassazione torna ad occuparsi della motivazione della sentenza tributaria dopo alcune importanti recenti sentenze (cfr. la 23484 del novembre scorso).

E lo fa con l’Ordinanza 17835 del 19 luglio 2017 (Pres. Piccininni Rel. Fuochi Tinarelli), trattando di una motivazione di CTR nella quale si fa un riferimento alle opposte produzioni, valorizzando quella del contribuente in maniera decisiva, ma senza  evidenziare quegli elementi peculiari che hanno determinato la decisione.

La motivazione letterale era nello specifico: «La Commissione, esaminati gli atti, ritiene infondato l’appello e non condivide le argomentazioni addotte a sostegno dell’atto di appello. Il collegio rileva che l’accertamento operato fonda su semplici presunzioni non supportate da validi elementi probatori sicché le contestazioni e i rilievi mossi non appaiono condividibili e devono essere disattesi. Il contribuente di contro non limita la sua difesa a generiche affermazioni in quanto dimostra e giustifica la causale dei movimenti finanziari contestando l’operato dell’Ufficio che fonda l’azione accertatrice soltanto sui prelevamenti. Va aggiunto che, trovandosi il contribuente in regime di contabilità semplificata, i movimenti finanziari non devono risultare dalle scritture contabili sicché, anche sotto questo profilo, i rilievi dell’Ufficio non sono condivisibili L’appellante ripropone in questa sede le stesse affermazioni già disattese dai primi giudici, per cui la decisione e la motivazione di 1° grado non meritano censura e vanno confermate mentre l’appello va respinto»

Tutt’altro che omessa motivazione, evidentemente.

Ma secondo la Corte essa è carente per la mancanza di qualsiasi indicazione della ragione giuridica o fattuale che, in quanto emergente dall’oggetto del rinvio, si è ritenuto di condividere. Non è infatti sufficiente il riferimento, del tutto generico, alla contestazione, da parte del contribuente, sull’operato dell’Ufficio che fonda l’azione accertatrice sui prelevamenti, che non esprime, in realtà, alcuna spiegazione, neppure per relationem, della condivisione. La motivazione, dunque, risulta materialmente carente per tutti gli oggetti del rinvio come parte formale della sentenza, prima che come parte sostanziale, perché, anche ove fosse possibile motivare rinviando ad atti esterni (come per i precedenti giuridici, che possono richiamarsi, perché essi fanno parte del “diritto” che è conosciuto o conoscibile da chiunque e, quindi, anche da chi legge la sentenza per percepirne la giustificazione), sarebbe impossibile individuare quella parte perché il giudice non l’ha individuata (v. in termini Cass. n. 7402 del 2017).