Per l’adozione del sequestro preventivo non basta l’accertamento di uno schema contrattuale standard, ma è necessaria una verifica concreta degli elementi costitutivi del reato di “dichiarazione fraudolenta”

Nel caso di specie, la pubblica accusa aveva accertato a carico di una Società l’emissione di fatture per operazioni inesistenti aventi ad oggetto un contratto di appalto che, in realtà, dissimulavano una illecita dissimulazione di manodopera.

Ipotizzando che tale Società si avvalesse dello stesso medesimo schema contrattuale per tutti i propri clienti, è stato dedotto che anche l’azienda dell’indagato, quale cliente della suddetta Società, potesse essersi avvalsa di tale meccanismo.

Orbene, la Suprema Corte ha ritenuto che per disporre il sequestro preventivo il “fumus” del delitto deve essere comunque basato sull’esistenza di concreti e persuasivi elementi di fatto, quantomeno indiziari, che consentano di ricondurre l’evento punito dalla norma penale alla condotta dell’indagato.

Dal punto di vista soggettivo, per configurare il delitto di dichiarazione fraudolenta il soggetto attivo deve essere a conoscenza del fatto che l’utilizzazione di fatture false comporti un abbattimento del reddito imponibile.

Inoltre, ” il dolo specifico richiesto per integrare il delitto di dichiarazione fraudolenta mediante uso di fatture o altri documenti per operazioni inesistenti, previsto dal D.Lgs. n. 74 del 2000, art. 2, rappresentato dal perseguimento della finalità evasiva, che deve aggiungersi alla volontà di realizzare l’evento tipico (la presentazione della dichiarazione), è compatibile con il dolo eventuale, ravvisabile nell’accettazione del rischio che l’azione di presentazione della dichiarazione, comprensiva anche di fatture o altri documenti per operazioni inesistenti, possa comportare l’evasione delle imposte dirette o dell’Iva.

Tuttavia, la ritenuta compatibilità del dolo eventuale, anche in sede cautelare reale, comporta pur sempre la necessità di una verifica adeguata sull’esistenza dell’elemento soggettivo del dichiarante, verifica da compiere in concreto mediante l’esame della tipologia delle operazioni compiute e di tutte le circostanze eventualmente rivelatrici della finalità di evasione del soggetto agente, ivi compresa la compiuta individuazione del profitto, tema questo invero non sufficientemente esplorato dai giudici dell’impugnazione cautelare.” (Cass. Pen., Sez. III, 6 settembre 2021, n. 32877)