Prescrizione del reato tributario, evasione IVA e gravità della frode.

Sui maggiori organi di stampa specializzati troviamo oggi ampi riferimenti alla sentenza del 5 ottobre 2017, n. 45751 della terza sezione penale della Corte di Cassazione (Pres. Cavallo, Rel. Andreazza). Per la verità la sentenza si allinea ad altri recenti precedenti (vedi per tutte la Sentenza 22 giugno 2017, n. 31265, molto dettagliata) e non pare avere sostanziali elementi di novità.

Nel caso specifico il procuratore generale  presso la Corte d’appello di Venezia ricorreva per Cassazione per vizio di motivazione della sentenza di appello affermando che in essa non si dava conto del motivo di disapplicazione dei principi della Corte di giustizia (sentenza Taricco, C-105/14) in ambito di prescrizione dei reati Iva.

Va ricordato allora che la Corte UE impone la disapplicazione degli articoli 160 e 161 Codice penale nazionale. Infatti la disciplina italiana in tema di prescrizione, risultante dal combinato disposto degli articoli 160, ultimo comma, e 161 del codice penale, nella parte in cui determina per frodi gravi in materia di Iva un’interruzione del termine di prescrizione non superiore ad un quarto della sua durata iniziale, impedirebbe di infliggere sanzioni effettive e dissuasive in caso di “frode grave”.

Ciò sarebbe in contrasto con gli obblighi imposti agli stati membri dall’art. 325, paragrafi 1 e 2 T.f.u.e., di perseguire le ipotesi gravi di frode fiscale.

Peraltro la Corte UE non ha chiarito tale ultimo concetto di frode grave.

La terza sezione ricorda allora che già nella sua recente giurisprudenza si è ritenuto che il più attendibile parametro oggettivo per la determinazione della gravità della frode nell’ordinamento italiano deve essere rappresentato dal complesso dei criteri per la determinazione della gravità del reato contenuti nel primo comma dell’art. 133 cod. pen., che fa riferimento non solo alla gravità del danno o del pericolo cagionato alla persona offesa (n. 2), ma anche alla natura, alla specie, ai mezzi, all’oggetto, al tempo, al luogo e, più in generale, alle modalità dell’azione (n. 1), nonché all’elemento soggettivo (n. 3). Ne consegue che, ove non si sia in presenza di un danno già di rilevantissima gravità, appaiono necessari, per connotare tale requisito, ulteriori elementi, quali in particolare l’organizzazione posta in essere, la partecipazione di più soggetti al fatto, l’utilizzazione di “cartiere” o società-schermo, l’interposizione di una pluralità di soggetti, l’esistenza di un contesto associativo criminale.