Valore delle aree edificabili: ok a quanto previsto dal piano regolatore comunale, ma con riferimenti concreti e specifici.

La valutazione delle aree edificabili ai fini del computo delle imposte comunali è stata per anni una questione molto controversa.

La quinta sezione della Corte di Cassazione, nell’ordinanza 15921 del 23 giugno 2017 (Pres. Piccininni, Rel. De Masi) ci ricorda tuttavia che la questione oggi può essere agevolmente risolta alla luce del consolidato orientamento per cui <<In tema d’ICI, a seguito dell’entrata in vigore degli artt. 11 quaterdecies, comma 16, del d.l. n. 203 del 2005, convertito nella I. n. 248 del 2005, e 36, comma 2, del d.l. n. 223 del 2006, convertito nella I. n. 248 del 2006, che hanno fornito l’interpretazione autentica dell’art. 2, comma 1, lett. b), del d.lgs. n. 504 del 1992, l’edificabilità di un’area, ai fini della determinazione della base imponibile, da effettuare in base al valore venale e non a quello catastale, deve essere desunta dalla qualificazione attribuitale nel piano regolatore generale adottato dal Comune, indipendentemente dall’approvazione dello stesso da parte della Regione e dall’adozione di strumenti urbanistici attuativi, salva, però, la necessità di valutare la maggiore o minore attualità delle potenzialità edificatorie dell’immobile, nonché la possibile incidenza degli ulteriori oneri di urbanizzazione in ragione delle concrete condizioni esistenti al momento dell’imposizione>> (Cass. n. 12377/2016);

Quindi per stabilire la natura del terreno è necessario fare riferimento al criterio della “mera potenzialità edificatoria”, intesa come concreta appetibilità del suolo, poiché il piano regolatore adottato costituisce un elemento già fiscalmente valutabile, ma è fatta salva la possibilità di tenere conto, nella determinazione della base imponibile, della maggiore o minore attualità delle potenzialità edificatorie e della possibile incidenza degli ulteriori oneri di urbanizzazione, in quanto elementi comunque incidenti sul valore del bene in comune commercio (Cass. S.U. n. 25506/2006). Questa ultima pronuncia infatti evidenzia che “la equiparazione legislativa di tutte le aree che non possono considerarsi “non inedificabili”, non significa che queste abbiano tutte lo stesso valore dal momento che, con la perdita della inedificabilità di un suolo (cui normalmente, ma non necessariamente, si accompagna un incremento di valore) si apre soltanto la porta alla valutabilità in concreto dello stesso”.