Accertamenti a tavolino: (per ora) nessun termine dilatorio per svolgere il contraddittorio.

La Sesta Sezione civile della Corte di Cassazione applica la discussa sentenza delle Sezioni Unite di fine 2015 (24823 del 9 dicembre scorso) nella stringata ordinanza del 20 luglio 2016 n. 14861, Pres. Iacobellis, Rel. Crucitti.

La Commissione Tributaria Regionale aveva ritenuto applicabile il principio del contradditorio, come principio generale dell’ordinamento, anche agli accertamenti non basati su verifiche in azienda. E sappiamo bene che nel senso dell’esistenza di un principio generale di contraddittorio obbligatorio in ambito tributario si erano espresse le stesse Sezioni Unite (nn. 17667 e17668 del 18 settembre 2014) poco tempo prima della inattesa sentenza del dicembre scorso. Per non parlare della stessa Corte Costituzionale che era stata chiarissima sul punto decidendo della legittimità del vecchio art. 37-bis quarto comma del DPR 600/73 (sentenza n. 132 del 7 luglio 2015).

Corte Costituzionale che si dovrà a breve pronunciare di nuovo sulla questione stante l’ordinanza n. 736 della 1° sezione della CTR Toscana (Presidente e relatore Cicala) del 18 gennaio 2016. E che potrebbe tornare ad una elaborazione interpretativa più sistematica e coerente.

Per la sesta sezione, con riguardo alle tutele dell’articolo 12 comma 7 dello Statuto del contribuente, il termine di sessanta giorni esiste solo per le verifiche in azienda. Leggendo il primo comma dell’articolo, infatti, i Giudici fanno notare come si comprenda chiaramente che l’intera disciplina contenuta nella disposizione risulti palesemente calibrata sulle esigenze di tutela del contribuente in relazione alle visite ispettive subite in loco che, esplicitamente si riferisce agli “accessi, ispezioni e verifiche fiscali nei locali destinati all’esercizio di attività commerciali, industriali, agricole, artistiche o professionali”.

Francamente l’elaborazione interpretativa, pur ovviamente coerente con l’ultimo revirement interpretativo delle Sezioni Unite, risulta poco approfondita. Non si può risolvere una lunga vicenda giurisprudenziale solo calando dall’alto una lettura così semplicistica dell’articolo senza alcun riferimento ai principi comunitari, alle sentenza Sopropè e Kamino International, agli innumerevoli e coerentissimi precedenti giurisprudenziali interni fino al “crack” del dicembre scorso.

Giusto che si analizzi, seppur sinteticamente nella motivazione, se il caso si riferisce a tributi armonizzati o no. Siamo di fatto in ambito ires-irap e quindi le conclusioni sono ancora coerenti con quelle delle Sezioni Unite. Ma se ci fossimo trovati nel contesto di tributi armonizzati (IVA) la semplice lettura dell’articolo 12 non sarebbe servita a nulla e le conclusioni avrebbero dovuto essere contrarie. Sempre per coerenza con la sentenza delle Sezioni Unite.