Contraddittorio preventivo: avviso nullo se non vengono esaminate le ragioni del contribuente nelle memorie sul p.v.c.

La Corte di Cassazione, Sezione VI, nella Sentenza 15 novembre 2018, n. 29487 (Pres. Iacobellis, Rel. Conti) esamina l’applicazione della principale norma interna in tema di contraddittorio preventivo tributario, ovvero dell’articolo 12, comma 7, della Legge 212/2000.

La Corte si interroga sulla estensione dell’obbligo di valutazione delle osservazioni del contribuente e sulle conseguenze della mancata attivazione di tale attività. Viene richiamata una massima precedente, ovvero la n.3583/2016, per la quale “come emerge dalla stessa lettura della prima parte del comma 7 – e dal raffronto con il tenore più perentorio della seconda parte, per la quale invece, all’esito di tanto complessa quanto nota evoluzione giurisprudenziale, si è pervenuti a conclusione opposta – all’obbligo dell’amministrazione finanziaria di “valutare” le osservazioni del contribuente (cui l’imposizione del termine dilatorio, questa sì a pena di nullità, è strumentale) non si aggiunge l’ulteriore obbligo di esplicitare detta valutazione nell’atto impositivo, a pena di nullità”.

Infatti per la Corte rimane comunque valido l’avviso di accertamento che non menzioni le osservazioni del contribuente ex art. 12, comma 7, della I. n. 212 del 2000, pur non accogliendole. Infatti la nullità consegue solo alle irregolarità per le quali sia espressamente prevista dalla legge oppure da cui derivi una lesione di specifici diritti o garanzie tale da impedire la produzione di ogni effetto e, dall’altro lato, l’Amministrazione ha l’obbligo di valutare tali osservazioni, ma non di esplicitare detta valutazione nell’atto impositivo. Quindi la lesione del contraddittorio endoprocedimentale sussiste le sole volte in cui l’ufficio ha manifestato apertamente di non avere considerato le deduzioni difensive esposte dal contribuente nel termine dilatorio – com’è avvenuto nel caso di specie, posto che l’obbligo dell’amministrazione finanziaria di “valutare” le osservazioni del contribuente cui l’imposizione del termine dilatorio, a pena di nullità, è strumentale- e non quando lo stesso ufficio le ha, anche implicitamente, considerate e disattesa all’atto di emanare l’accertamento.

Nel caso di specie la CTR ha preso atto che l’amministrazione fiscale, benché notiziata delle difese esposte dalla parte contribuente nel rispetto del termine dilatorio, non le ha esaminate in ragione dell’imminente scadenza del termine. E’ dunque palese, quindi, la violazione del contraddittorio che, in definitiva, si desume dal tentativo dell’ufficio di aggirare siffatto obbligo rilevando l’imminente scadenza del termine di decadenza dell’azione accertativa. Con conseguente nullità dell’avviso.

Sulla sentenza abbiamo per la verità qualche considerazione critica da muovere, pur nel dovuto rispetto per la Corte. In particolare non risulta chiaro perché non esaminare le ragioni del contribuente, come nel caso specifico sia ritenuto (correttamente) lesivo del contraddittorio preventivo mentre emettere l’atto senza motivare sul superamento delle ragioni stesse sarebbe invece rispettoso del principio di garanzia appena menzionato. In cosa si concretizzerebbe in questo caso allora il contraddittorio? E, restando su una interpretazione letterale della norma, come potrebbe il contribuente essere certo che le proprie osservazioni siano state “valutate” come la legge impone se l’atto impositivo non motiva in ordine a tale valutazione?

Ed in effetti al riguardo non mancano le massime, della Corte stessa, nelle quali si assimila l’omessa motivazione sulle ragioni del contribuente al mancato svolgimento in assoluto del contraddittorio preventivo (cfr. 26504/2016, 21570/2017 in materia di contraddittorio sugli studi di settore).