I proventi di un contratto di locazione costituiscono redditi fondiari solo per chi è titolare di un diritto reale sul bene locato.

Interessante la sentenza 8 novembre 2017, n. 26447 della Sezione Tributaria della Corte di Cassazione (Pres. Di Iasi, Rel. Fasano) in relazione all’interpretazione del vecchio articolo 23 (oggi 26) del TUIR.

In tale norma vi sono infatti due collegamenti logici.

Il primo riguarda la connessione tra redditi fondiari e soggetti possiedono  gli  immobili  a titolo di proprietà, enfiteusi,  usufrutto  o  altro  diritto  reale.

Il secondo che prevede che i redditi derivanti da  contratti  di  locazione  di immobili ad uso abitativo siano quelli previsti dal contratto e, qualora non siano percepiti, sarà possibile non considerarli solo a partire dal momento della conclusione del  procedimento  giurisdizionale  di convalida di sfratto per morosità del conduttore.

I due riferimenti non sono però sovrapponibili. Nel senso che il reddito da locazione non è per forza reddito fondiario, pur essendo previsto nel citato articolo. Lo è solamente nel caso in cui sia riferibile al proprietario o al titolare di altro diritto reale.

Secondo la Corte “Il reddito derivante dalla locazione di un immobile può considerarsi reddito fondiario, ai sensi dell’art. 23 cit., esclusivamente se la parte locatrice dispone del possesso del bene locato in quanto proprietaria, usufruttuaria o titolare di altro diritto reale sul bene in questione. La dizione testuale della norma è inequivocabile, né vi è alcuna ragione che possa giustificare una interpretazione estensiva della disposizione”.