Prescrizione dei reati in ambito IVA e sentenza “Taricco”: non c’è conflitto se il reato non ha carattere di gravità

Prescrizione dei reati in ambito IVA e sentenza “Taricco”: non c’è conflitto se il reato non ha carattere di gravità

La Terza Sezione penale della Corte di Cassazione, nella sentenza n. 44584 del 24 ottobre 2016, si occupa della vicenda di una frode IVA per 126 mila euro.

Sulla questione dell’intervenuta prescrizione dei reati in materia di IVA, come è noto, la Corte di Giustizia UE, Grande Sezione, con sentenza emessa l’8 settembre 2015 (causa C-105/14, Taricco), pronunziandosi sul rinvio pregiudiziale proposto, ai sensi dell’art. 267 TFUE, dal Gip del Tribunale di Cuneo con ordinanza del 17 gennaio 2014, in un procedimento penale riguardante reati proprio in materia di imposta sul valore aggiunto (IVA) con lo schema della c.d. “frode carosello”, ha statuito che: “Una normativa nazionale in materia di prescrizione del reato come quella stabilita dal combinato disposto dell’articolo 160, ultimo comma, del codice penale, come modificato dalla legge 5 dicembre 2005, n. 251, e dell’articolo 161 di tale codice – normativa che prevedeva, all’epoca dei fatti di cui al procedimento principale, che l’atto interruttivo verificatosi nell’ambito di procedimenti penali riguardanti frodi gravi in materia di imposta sul valore aggiunto comportasse il prolungamento del termine di prescrizione di solo un quarto della sua durata iniziale – è idonea a pregiudicare gli obblighi imposti agli Stati membri dall’articolo 325, paragrafi 1 e 2, TFUE nell’ipotesi in cui detta normativa nazionale impedisca di infliggere sanzioni effettive e dissuasive in un numero considerevole di casi di frode grave che ledono gli interessi finanziari dell’Unione europea, o in cui preveda, per i casi di frode che ledono gli interessi finanziari dello Stato membro interessato, termini di prescrizione più lunghi di quelli previsti per i casi di frode che ledono gli interessi finanziari dell’Unione europea, circostanze che spetta al giudice nazionale verificare”.

Secondo la Corte di Cassazione il giudice nazionale è così tenuto a dare piena efficacia all’articolo 325, paragrafi 1 e 2, TFUE disapplicando, all’occorrenza, le disposizioni nazionali che abbiano per effetto di impedire allo Stato membro interessato di rispettare gli obblighi impostigli dall’articolo 325, paragrafi 1 e 2, TFUE”. Sotto questo profilo i requisiti integranti l’illegittimità comunitaria per ineffettività della complessiva disciplina sanzionatoria delle frodi sotto il profilo dell’eccessiva brevità del termine prescrizionale complessivo a seguito di interruzione, sono, dunque:

1) la pendenza di un procedimento penale riguardante “frodi gravi” in materia di imposta sul valore aggiunto;

2) l’ineffettività delle sanzioni previste “in un numero considerevole di casi di frode grave” che ledono gli interessi finanziari dell’Unione europea.

La sentenza Taricco non determina tali requisiti nei loro esatti confini, ma agli stessi fanno analitico riferimento le ordinanze della Corte di Cassazione sez. 3, 30 marzo 2016, n. 28346, e 31 marzo 2016, n. 33538.

Quanto al requisito della gravità della frode, secondo la Corte di Cassazione, si devono analizzare sia la quantità dell’imposta evasa sia le modalità attraverso le quali la frode è stata posta in essere, tenendo comunque presente che nel concetto di “frode” grave, suscettibile di ledere gli interessi finanziari dell’UE, devono ritenersi incluse, nella prospettiva dell’ordinamento penale italiano, non soltanto le fattispecie che contengono il requisito della fraudolenza nella descrizione della norma penale – come nel caso degli artt. 2, 3 e 11 del DLgs. n. 74 del 2000 -, ma anche le altre fattispecie che, pur non richiamando espressamente tale connotato della condotta, siano dirette all’evasione dell’IVA.

Il più sicuro ancoraggio oggettivo per la determinazione della gravità della frode nell’ordinamento italiano va quindi reperito nel complesso dei criteri per la determinazione della gravità del reato contenuti nel primo comma dell’art. 133 c.p., il quale fa riferimento, non solo alla gravità del danno o del pericolo cagionato alla persona offesa (n. 2), ma anche alla natura, alla specie, ai mezzi, all’oggetto, al tempo, al luogo e, più in generale, alle modalità dell’azione (n. 1), nonché all’elemento soggettivo (n. 3).

Ne consegue che, ove non si sia in presenza di un danno di rilevantissima gravità per milioni di euro, la gravità della frode deve essere desunta anche da ulteriori elementi, quali: l’organizzazione posta in essere, la partecipazione di più soggetti al fatto, l’utilizzazione di “cartiere” o società-schermo, l’interposizione di una pluralità di soggetti, la sistematicità delle operazioni fraudolente, la loro reiterazione nel tempo, la connessione con altri gravi reati, l’esistenza di un contesto associativo criminale. E il giudice dovrà valutare caso per caso la concreta valenza di tali elementi nella fattispecie al suo esame, essendo comunque sufficiente l’indicazione in motivazione di quelli ritenuti rilevanti in un senso o nell’altro.

Nel caso specifico lo svolgimento dei fatti e le somme in gioco non giustificano, secondo la Corte, la deroga dalla normale valutazione sulla estinzione dei reati per prescrizione.