Qualche spunto dalla Cassazione sulla possibile carenza motivazionale delle sentenze.

Non amiamo particolarmente il copia/incolla ricorrente nella motivazione dei provvedimenti giurisdizionali, rispetto a precedenti pronunce.

Ma va riconosciuto all’Ordinanza 8 febbraio 2018, n. 3066 della VI Sezione della Corte di Cassazione (Pres. Cirillo, Rel. Manzon) il pregio di riportare, nel corpo di una motivazione piuttosto stringata, una disamina di diversi riferimenti convergenti che costituiscono senz’altro uno spunto interessante.

Accogliendo le doglianze di un contribuente che lamentava la laconica motivazione della sentenza di appello, la Corte infatti ricorda come:

– «In tema di ricorso per cassazione, ove la sentenza di appello sia motivata “per relationem” alla pronuncia di primo grado, al fine ritenere assolto l’onere ex art. 366, n. 6, c.p.c. occorre che la censura identifichi il tenore della motivazione del primo giudice specificamente condivisa dal giudice di appello, nonché le critiche ad essa mosse con l’atto di gravame, che è necessario individuare per evidenziare che, con la resa motivazione, il giudice di secondo grado ha, in realtà, eluso i suoi doveri motivazionali» (Sez. U – , Sentenza n. 7074 del 20/03/2017);

– «Deve considerarsi nulla la sentenza di appello motivata “per relationem” alla sentenza di primo grado, qualora la laconicità della motivazione non consenta di appurare che alla condivisione della decisione di prime cure il giudice d’appello sia pervenuto attraverso l’esame e la valutazione di infondatezza dei motivi di gravame, previa specifica ed adeguata considerazione delle allegazioni difensive, degli elementi di prova e dei motivi di appello» (Sez. 6 – 5, Ordinanza n. 22022 del 21/09/2017);

– «In tema di processo tributario, è nulla, per violazione degli artt. 36 e 61 del d.lgs. n. 546 del 1992, nonché dell’art. 118 disp. att. c.p.c., la sentenza della commissione tributaria regionale completamente carente dell’illustrazione delle critiche mosse dall’appellante alla statuizione di primo grado e delle considerazioni che hanno indotto la commissione a disattenderle e che si sia limitata a motivare “per relationem” alla sentenza impugnata mediante la mera adesione ad essa, atteso che, in tal modo, resta impossibile l’individuazione del “thema decidendum” e delle ragioni poste a fondamento del dispositivo e non può ritenersi che la condivisione della motivazione impugnata sia stata raggiunta attraverso l’esame e la valutazione dell’infondatezza dei motivi di gravame» (Sez. 6 – 5, Ordinanza n. 15884 del 26/06/2017);

– «La motivazione è solo apparente, e la sentenza è nulla perché affetta da “error in procedendo”, quando, benché graficamente esistente, non renda, tuttavia, percepibile il fondamento della decisione, perché recante argomentazioni obbiettivamente inidonee a far conoscere il ragionamento seguito dal giudice per la formazione del proprio convincimento, non potendosi lasciare all’interprete il compito di integrarla con le più varie, ipotetiche congetture» (Sez. U, Sentenza n. 22232 del 03/11/2016).

In conclusione, nel caso specifico, la sentenza della CTR Lazio in contestazione, appiattita sulla sentenza di primo grado, non supera il vaglio relativo alla motivazione.