Interessi passivi pagati dalla branch italiana di una società estera: deducibili fiscalmente se il fondo di dotazione è congruo, non se si tratta di una società sottocapitalizzata.

Nella Sentenza 19 settembre 2019, n. 23355 la Sezione Tributaria della Corte di Cassazione (Pres. Cirillo, Rel. Guida) si affronta il caso della stabile organizzazione in Italia di una società estera e della deducibilità degli interessi passivi pagati dalla branch italiana.

Sul punto la Corte avalla le deduzioni della CTR secondo cui la “SO” (stabile organizzazione), sul piano fiscale, è un’entità distinta ed autonoma rispetto alla “casa madre”, i cui redditi, prodotti nel territorio dello Stato, sono assoggettati ad imposta ai sensi dell’art. 23, comma 1, lett. e, TUIR.

Ricorda altresì che, ai sensi dell’art. 7, § 2, della Convenzione tra Italia e Regno Unito contro le doppie imposizioni, stipulata il 21 ottobre 1988 (e ratificata con I. n. 329 del 1990), “quando un’impresa di uno Stato contraente svolge la sua attività nell’altro Stato contraente per mezzo di una stabile organizzazione ivi situata, in ciascuno Stato contraente vanno attribuiti a detta stabile organizzazione gli utili che si ritiene sarebbero stati da essa conseguiti se si fosse trattato di una impresa distinta e separata svolgente attività identiche o analoghe in condizioni identiche o analoghe e in piena indipendenza dall’impresa di cui essa costituisce una stabile organizzazione.”. Ora, secondo il Commentario OCSE (§ 18.3), in merito al detto art. 7, ha chiarito che la stabile organizzazione deve essere dotata “di una struttura patrimoniale appropriata sia per l’impresa, sia per le funzioni che esercita. Per tali ragioni, il divieto di dedurre le spese connesse ai finanziamenti interni – ossia quelli che costituiscono mere attribuzione di risorse proprie della casa madre – dovrebbe continuare ad applicarsi in via generale.”.

Il processo decisionale della CTR poggia quindi sui principi della correlazione tra costi e ricavi (ex art. 109 TUIR) e su quello di libera concorrenza (art. 110, comma 7, TUIR). In presenza di una branch bancaria sottocapitalizzata, la deducibilità dei componenti negativi (compresi gli interessi passivi, per i quali l’art. 96, TUIR, reca una disciplina speciale), secondo i criteri dettati dall’art. 109, TUIR, impone di adottare dei correttivi che, nel caso di specie, l’Amministrazione finanziaria ha individuato in un “fondo di dotazione figurativo”, con riferimento al quantum degli interessi passivi deducibili, e nell’esistenza (anch’essa figurative ed ipotetica) di un patrimonio di vigilanza.

Conformandosi dunque al canone giuridico per il quale, in ogni Stato, vanno tassati gli utili che si ritiene che la “SO” avrebbe conseguito se avesse assunto la configurazione di un’impresa distinta, svolgente attività identica o analoga, in condizioni identiche o analoghe, e in piena indipendenza dalla “casa madre” – ai fini del calcolo del reddito imponibile, ha quantificato il capitale figurativo congruo della branch correlandolo agli indici di capitalizzazione delle banche italiane e all’entità dei finanziamenti erogati.