Il giudicato favorevole al contribuente nel giudizio contro l’agente della riscossione fa stato anche nel giudizio contro l’ente impositore.

La Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 31476 del 3 dicembre 2019 della Sezione Tributaria (Pres. Cristiano, Rel. Fanticini) affronta la questione relativa ad una società contribuente che aveva presentato ricorso avverso una cartella di pagamento a Milano, contro l’Agente della riscossione locale e parallelamente aveva chiamato in giudizio l’ente impositore a Roma.

La CTP di Milano aveva emesso una sentenza favorevole, passata in giudicato per mancata impugnazione, ma la CTP di Roma (e la CTR poi) non avevano tenuto conto di questo. La CTR in particolare si era espressa in questi termini: “Il Collegio rileva che l’Ufficio competente cui presentare il ricorso avverso la cartella è solamente quello proposto presso la Commissione Tributaria Provinciale di Roma e, quindi, avverso l’Agenzia delle Entrate di Roma 1. … Pertanto, a nulla vale la decisione della CTP di Milano”.

La contribuente in Cassazione ha eccepito la violazione dell’articolo 2909 codice civile secondo il quale  “L’accertamento contenuto nella sentenza passata in giudicato fa stato a ogni effetto tra le parti, i loro eredi o aventi causa”. Eccezione puntualmente accolta dalla Suprema Corte che al riguardo rileva come sia errata la considerazione predetta con cui la C.T.R. del Lazio fa discendere dalla pretesa incompetenza territoriale della C.T.P. di Milano (per giunta, errando anche su tale presupposto) l’assoluta inefficacia delle statuizioni rese, irretrattabili in mancanza di impugnazione, sino al punto di affermare che «a nulla vale la decisione della CTP di Milano».

Al contrario, il presunto vizio di incompetenza territoriale del giudice milanese doveva essere fatto valere mediante l’impugnazione della sua decisione, in mancanza della quale la pretesa nullità delle statuizioni rese è comunque coperta dal giudicato. Infatti per giurisprudenza consolidata l’incompetenza del giudice, anche nelle ipotesi in cui la competenza ha carattere inderogabile, non determina l’inesistenza giuridica del provvedimento emanato, per cui quest’ultimo, ove sia suscettibile di passare in cosa giudicata, rimane fermo, anche se emesso da giudice incompetente

Viene poi affrontato un motivo posto dall’Agenzia delle Entrate, nel controricorso. Ovvero il fatto che il giudicato formatosi sulla cartella di pagamento impugnata non sia ad essa opponibile in quanto il giudizio innanzi alla C.T.P. di Milano si sarebbe svolto nei confronti del solo agente della riscossione. Ma l’argomentazione non viene considerata degna di considertazione. Infatti per la Corte durante l’attività di riscossione l’ente impositore conserva la propria qualità di creditore, ma “la legge sancisce una scissione fra la titolarità del credito e la legittimazione all’esercizio delle azioni e delle tutele correlate alle situazioni giuridiche soggettive nascenti dal rapporto di imposta, spettando queste ultime all’agente della riscossione: ne deriva, sul piano processuale, la sostituzione dell’agente riscossione all’ente impositore e, conseguentemente l’operatività nei confronti dell’Agenzia delle Entrate del giudicato formatosi nella lite tributaria fra il contribuente e l’agente Equitalia, indipendentemente dalla denuntiatio litis all’Agenzia, la quale potrà unicamente rilevare nel rapporto interno ex art. 39 D.Lgs. n. 112 del 1999” (sulla scissione tra titolarità ed esercizio del credito tributario e sulle conseguenze processuali di tale configurazione si erano già pronunciate Cass., Sez. 1, Sentenza n. 1748 del 06/05/1975, Rv. 375393-01, da Cass, Sez. 1, Sentenza n. 3328 del 13/06/1979, Rv. 399726-01).

 

I Giudici di Legittimità concludono che, in conseguenza del formarsi del giudicato sul ricorso proposto dalla contribuente alla C.T.P. di Milano (avente identici petitum e causa petendi dell’iniziativa intrapresa innanzi alla C.T.P. di Roma) – la C.T.R. del Lazio avrebbe dovuto constatare che il processo non poteva essere proseguito. La sentenza della CTR Lazio viene dunque cassata senza rinvio ai sensi dell’art. 382 cod. proc. civ.